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14 Gennaio 2025 - 22:00
Mentre il governo degli Stati Uniti si prepara a decidere il destino di TikTok, due app cinesi meno conosciute stanno rapidamente guadagnando popolarità sull'App Store. Il 19 gennaio è la data cruciale in cui la Corte Suprema potrebbe confermare il divieto del popolare social network, mettendo a rischio la sua presenza negli Stati Uniti. Nonostante il destino incerto di TikTok, gli utenti americani sembrano già aver scelto una possibile alternativa, con due app cinesi che stanno scalando le classifiche.
Xiaohongshu, conosciuta anche come RedNote, e Lemon8 sono le due piattaforme che stanno guadagnando terreno. Non è chiaro se questo trend sia una risposta al possibile divieto di TikTok, una ricerca di nuove opzioni social o addirittura una forma di protesta silenziosa contro le azioni del governo. Meagan Loyst, fondatrice del collettivo Gen Z VCs, suggerisce che questa crescita potrebbe essere una "ritorsione" contro le autorità statunitensi, una reazione diretta alla crescente pressione su TikTok.
RedNote si presenta come un social simile a Instagram, mentre Lemon8 sembra essere un mix tra Pinterest e TikTok, con un motore di raccomandazione che ricorda quello che ha reso TikTok così popolare. Lemon8, in particolare, è stato sviluppato con l'intento di essere una sorta di piano B nel caso TikTok fosse stato bannato. Tuttavia, anche queste due nuove app potrebbero trovarsi sotto scrutinio da parte del governo degli Stati Uniti, dato che la legge che mira a proteggere gli americani dalle app straniere controllate da avversari potrebbe applicarsi anche a loro.
Nel frattempo, l'attenzione rimane su TikTok, che da tempo è nel mirino degli Stati Uniti per le preoccupazioni relative alla sicurezza nazionale. Non è solo una questione di raccolta dei dati (un comportamento che è comune a molte piattaforme), ma piuttosto il timore che i dati degli utenti possano essere usati dal governo cinese per influenzare la politica e minare le istituzioni democratiche. TikTok, tuttavia, difende con fermezza la propria posizione, sottolineando che un divieto violerebbe i diritti costituzionali degli utenti, in particolare il diritto alla libertà di parola sancito dal Primo Emendamento. Secondo la piattaforma, le preoccupazioni del governo sono puramente speculative e non giustificano la limitazione dei diritti fondamentali degli utenti.
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