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11 Gennaio 2023 - 08:29
Se “Casa di bambola” di Henrik Ibsen quando fu rappresentato nel 1879 suscitò grande scalpore e polemiche perché considerato un dramma femminista, stessa sorte toccò dieci anni dopo a “Hedda Gabler”. In entrambe le opere il drammaturgo norvegese aveva tratteggiato due figure femminili che non rispecchiavano l’ideale di donna dell’epoca. Là era Nora, sposa-bambina, coccolata come fosse un giocattolo e frustrata nelle sue aspirazioni da un mondo dominato dagli uomini, qui è Hedda, bella, cinica, insoddisfatta e ossessionata dal successo. A portare in scena sul palco del Teatro Carignano questo controverso personaggio è la regista ungherese Kristza Székely, artista associata dello Stabile di Torino, nello spettacolo prodotto da Katona József Színház in coproduzione con lo Stabile torinese.
“Hedda Gabler” di Heinrik Ibsen debutta in prima nazionale domani sera alle 19,30 e replicherà fino a domenica prossima. Recitata in ungherese e sottotitolata in italiano, la pièce è interpretata da Adél Jordán, Barna Bányai Kelemen, Béla Mészáros, Júlia Mentes, Péter Takátsy, Eszter Kiss. Una rilettura, quella che fa la Székely, dove la vicenda della donna che nel tentativo di acquisire libertà e indipendenza, non esita a compiere azioni abiette e a sprofondare in una spirale di egoismo, è anche la storia di un mondo in crisi, dove tutti vedono nel denaro l’unica fonte di salvezza, dove il timore più grande è quello di perdere il proprio status sociale e dove si assiste al lento logoramento dell’amore e dei rapporti personali. «Il mondo in cui viviamo - spiega la regista - è molto cambiato ma, allo stesso tempo, è rimasto lo stesso da quando Ibsen scrisse quest’opera. Le donne sono più libere, ma trovare la propria libertà interiore è cosa complessa, e lo sarà per sempre. Cosa significa libertà? Questa è la domanda principale che Ibsen ci pone anche in Hedda Gabler. In Ungheria si sente il desiderio di definire le donne secondo il loro compito biologico, come madri e come mogli. Questo dramma ci dice che esistono donne che non sono capaci di essere conformi agli stereotipi e, anche se ci provano, non saranno mai capaci di vivere una vita normale».
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