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02 Dicembre 2023 - 16:10
Il collezionista torinese Gian Enzo Sperone
È da Torino che è partita l’avventura di Sperone, quella che l’ha portato a essere, nell’arco di circa mezzo secolo, uno dei dieci galleristi più importanti al mondo, da quella galleria che aprì nel 1963, a soli 25 anni, con una mostra di Roy Lichtenstein, artista da lui conosciuto a Parigi e che lo fece innamorare della Pop Art. Dopo Torino, Milano, Roma, New York, dove Sperone inaugurò la sua prima galleria nella Grande Mela nel ‘72, insieme con Angela Westwater e Konrad Fischer. A questo geniale mercante d’arte, a questo talent scout e collezionista d’avanguardia, a Gian Enzo Sperone è ora dedicata una grande mostra, che si è aperta al pubblico il 26 ottobre scorso. Non a Torino - che sembra esserne dimenticata, nonostante i tanti spazi museali -, dove tutto ebbe inizio - e questo ce ne dispiace -, ma al Mart di Rovereto (fino al 3 marzo 2024). L’ha ideata Vittorio Sgarbi che l’ha intitolata “L’uomo senza qualità. Gian Enzo Sperone collezionista”. Un titolo mutuato dal libro di Robert Musil che, ben lungi dall’avere un intento denigrativo, vuole, invece, sottolineare la portata “enciclopedica” di questa mostra curata da Denis Isaia con Tania Pistone. «L’uomo senza qualità di Musil è il libro più enciclopedico del Novecento - spiega il sottosegretario alla Cultura, nonché presidente del Mart - e questa è un’enciclopedia della pittura, dell’arte, raccoglie le diverse religioni dell’arte».
Gian Enzo Sperone, collezionista torinese classe 1939, al Mart di Rovereto
Con le sue oltre 400 opere provenienti dalla raccolta privata di Sperone, la rassegna spazia dai grandi maestri del Novecento, come Giacomo Balla, Pablo Picasso, Lucio Fontana, Andy Warhol, a opere dei maestri fiorentini e toscani del Trecento, Quattrocento, Seicento, ai capolavori dell’arte antica, dall’archeologia romana ai fondi oro del XIV secolo, passando per le creazioni di Iacopino del Conte, Sofonisba Anguissola, Bernardo Strozzi, Anton Raphael Mengs, Francesco Hayez, per artisti concettuali come Douglas Huebler, Robert Barry, in un vortice in cui antico e contemporaneo coincidono. «È partito dal contemporaneo ed è approdato all’antico - è ancora Sgarbi -. Ha capito che le opere contemporanee rimandano ad una dimensione del passato. Ha compreso che un’opera del IV secolo avanti Cristo non è antica, è moderna». La mostra si apre con un quadro che recita: “Ho visto il futuro e non ci sono andato”. Perché passato, presente e futuro coincidono.
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