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Cibo e tradizioni

La vera storia della bagna cauda

Al via a Monale di Asti tre fine settimana dedicati al piatto più famoso del Piemonte

Bagna cauda

La bagna cauda, che bontà!

Che Piemonte sarebbe senza bagna cauda? Passato Natale, entrati a pieno regime nel carnevale, gli appassionati del prelibato piatto a base di aglio e acciughe, per un mix unico al mondo, posso stare tranquilli. Gli appuntamenti continuano a pieno regime sia nei ristoranti, sia nelle località più caratteristiche. Come Monale, in provincia di Asti dove, da sabato 13 gennaio, per tre weekend (fino al 28 gennaio), andrà in scena la fiera chiamata semplicemente Bagna Cauda (Salone della Canonica, via Baldichieri 1).

Da gustare in compagnia, un menù a soli 28 euro, composto da: salame crudo, saleme cotto, lardo, bagna cauda accompagnata da ben 15 verdure, minestra in brodo di carne, bollito misto, bagnetto e insalata, pere cotte al vino e Barbera, acqua, caffé e pusacaffé a volontà. E c’è di più, per chi lo desidera è possibile ordinare la bagna cauda anche senza aglio. Una cosa che che farà accapponare la pelle ai veri intenditori ma che che riesce a mettere tutti d’accordo.
Ma come nasce la bagna cuada?

La storia della bagna cauda


La ricetta è tipica del Basso Piemonte, in quanto nei secoli passati in quella zona era assai facile procurarsi l’acciuga salata, l’ingrediente fondamentale, usata tuttora in molte ricette tipiche piemontesi, soprattutto tra gli antipasti, ad esempio le anciove al bagnèt verd o al bagnèt ross. La salsa calda è un piatto che, in origine, serviva anche per celebrare l’unione e il legame tra le persone: storicamente, infatti, veniva letteralmente condivisa, servita, cioè, con un tegame unico, posto al centro della tavola, in cui ognuno immergeva le proprie verdure. La bagna cauda, il piatto cucinato per la fine della vendemmia, venne a lungo rifiutata dalle classi più abbienti, che la consideravano un cibo rozzo e inadatto a un’alimentazione raffinata, in particolare per la presenza dell’aglio e per gli effetti della sua assunzione sull’alito, che permangono per un certo tempo (in certi casi anche fino a ventiquattr’ore). La “ricetta canonica” è stata depositata presso un notaio a Costigliole d’Asti.

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