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Piazza Castello

Riccardo Muti: «Un ballo in maschera, il mio atto d’amore per Torino»

Il maestro napoletano ha presentato al Teatro Regio l’opera di Verdi che andrà in scena il 21 febbraio

Riccardo Muti

Il Maestro Riccardo Muti

La prima volta di Muti al Regio era stata nel 2021, quando aveva diretto il “Così fan tutte” di Mozart, tramesso in streaming nel marzo di quell’anno. In quell’occasione aveva promesso di ritornare sotto la Mole. Così è stato. È tornato nel 2022, per dirigere il “Don Giovanni”, sempre di Mozart, che, come per “Così fan tutte”, aveva la regia della figlia Chiara. E se ora il maestro napoletano sale di nuovo sul podio del teatro di piazza Castello non è perché, spiega - «sono disoccupato , ma perché la prima volta che sono venuto qui a Torino, al Regio, ho trovato un’ atmosfera particolare di lavoro e collaborazione in tutti i settori del teatro».
E aggiunge: «Il complimento a questa città e a questo teatro non viene da un ventenne che deve fare carriera, io la mia carriera l’ho già fatta».


È stato un vero atto d’amore per Torino quello pronunciato ieri da Riccardo Muti alla presentazione di “Un ballo in maschera” di Giuseppe Verdi, l’opera che il maestro napoletano dirigerà per sei recite, dal 21 febbraio al 3 marzo, alla guida dell’Orchestra e del Coro del Regio nel teatro di piazza San Carlo. Uno dei titoli che è andato scontato proprio oggi 14 febbraio in occasione della promozione legata a San Valenti di due biglietti al prezzo d uno.

«Una presenza, quella di Muti - chiosa il sovrintendente del Regio Mathieu Jouvin - che ha portato molta gioia a tutti i dipendenti del teatro».

«È l’ unica opera in forma scenica che farò quest’anno in Italia - precisa il maestro -, le altre saranno in forma di concerto, anche perché non dirigo quasi più opere. Io lavoro solo con registi con cui mi trovo d’accordo e sono sempre meno». Tra questi Andrea De Rosa, il direttore del Tpe Teatro Astra di Torino. Sua la firma di questo nuovo allestimento, realizzato grazie al contributo di Reale Mutua. «Con De Rosa - è ancora Muti - siamo stati subito d’accordo nel non cambiare nessuna parola del libretto, è un concetto in cui credo fortemente».


Per cui, anche se ci sono frasi che oggi suonano politicamente scorrette, come “fai di me quel che tu vuoi”, detta da una donna a un uomo, «bisogna comunque dirle. Non è che imbiancando ciò che è sporco o crudele aiutiamo i giovani di oggi. Noi saremo fedeli al testo. Il passato non si cancella».


E la stoccata alla cancel culture è servita. «Non c’è bisogno di tradire l’opera di Verdi - ribadisce De Rosa - , non c’è bisogno di attualizzare l’azione di spostarla in altre epoche. Io ho ambientato Il ballo in maschera nel Seicento. L’unica cosa di cui non ho tenuto conto è stata l’ambientazione americana. Mi sono rifatto, piuttosto, all’iconografia della pittura e architettura napoletana del Seicento e Settecento».

Affidato alle voci di un grande cast artistico, il tenore Piero Pretti nella parte del conte di Warwick, il baritono Luca Micheletti nel ruolo di Renato e la cantante russa Lidia Friedman in quello di Amelia, il melodramma in tre atti di Verdi su libretto di Antonio Somma, tratto dal dramma di Eugène Scribe Gustave III, ou Le Bal masqué - melodramma che Muti diresse per la prima volta nel 1970 a Firenze con il tenore Richard Tucker, uno dei tenori preferiti di Toscanini - tratta dell’amore proibito di Riccardo per la moglie del suo migliore amico. Sarà il ballo in maschera, organizzato da Riccardo per vedere l’amata, lo scenario su cui si consumerà una tragedia di amore e gelosia.


Non solo l’ omaggio a Torino, ieri Muti ha voluto rendere omaggio all’Italia e all’italianità. «Dobbiamo smettere di pensare che gli stranieri e le accademie straniere siano sempre migliori delle nostre. Io sono il prodotto di una scuola italiana, del Conservatorio di Napoli e del Conservatorio di Milano».


Non è un caso, dice, che «il 7 maggio prossimo abbiano chiamato me, un italiano, a Vienna a dirigere la Filarmonica di Vienna per i 200 anni dalla prima esecuzione della Nona di Beethoven. Per me è un motivo di orgoglio e credo che, attraverso la mia modesta persona, questo sia un riconoscimento alla scuola italiana». Se Beethoven lusinga c’è qualcos’altro che per il maestro è indifferente. «Il Festival di Sanremo? Non fatemi domande per favore, non lo guardo e non so nulla, quindi, non parlo di ciò che non conosco». Più chiaro di così.
E per i 200 anni di Strauss Muti annuncia che dirigerà il concerto del 1° gennaio 2025 sempre con la Filarmonica.

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