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06 Giugno 2024 - 17:46
“Flagellazione di Cristo” di Caravaggio
La tela è partita da Napoli mercoledì scorso alle 7,40 del mattino. Ha viaggiato per tutto il giorno sotto scorta armata dei carabinieri, e senza effettuare nessuna sosta, fino a Torino, alla Reggia di Venaria, sua destinazione finale, dove è giunta alle 19,30. La notte l’ha trascorsa nelle Citroniere della Reggia, sempre vigilata da guardia armata - del resto l’opera ha già subito tre tentativi di furto, tanto che all’ultimo tentativo, nel 1972, si è deciso di trasferirla dalla cappella della famiglia de Franchis nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli, dove si trovava, al museo di Capodimonte - .
Di questa mattina, poi, il suo trasferimento al secondo piano della Reggia di Venaria, nelle Sale delle Arti, operazione che ha richiesto l’impiego di una gru, date le dimensioni dell’opera, 286 x 213 cm, e di conseguenza di quelle della sua bella cornice in oro zecchino. Ora la magnifica “Flagellazione di Cristo” di Michelangelo Merisi, meglio noto come il Caravaggio, fa bella mostra di sé in una sala esclusivamente a lei dedicata - come è anche nell’allestimento di Capodimonte - nella mostra “Capodimonte da Reggia a Museo. Cinque secoli di capolavori da Masaccio a Andy Warhol” che si è inaugurata il 29 marzo scorso nella residenza sabauda (rimarrà allestita fino al 15 settembre).
Si completa così, con questo gioiello, la rassegna realizzata, grazie all’intervento del Ministero della Cultura, dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude in collaborazione col Museo e Real Bosco di Capodimonte e i Musei Reali di Torino. «Un’opera fondamentale, questa - spiegano dalla Reggia -, considerata il manifesto dell’ultimo periodo di Caravaggio». Che giunge a Torino dopo essere stata esposta a Parigi e, fino al maggio scorso, al Museo Diocesano di Napoli. Il nome di Merisi va così ad aggiungersi a quelli prestigiosi di Tiziano, Masaccio, Parmigianino e altri grandi maestri della storia dell’arte che con le loro oltre sessanta opere compongono la mostra.
Nel dipinto a olio su tela, realizzato tra il 1607 ed il 1608 e commissionatogli da Tommaso de Franchis, Caravaggio rappresenta Cristo legato a una colonna e flagellato da due carnefici posti ai lati, mentre un terzo, accovacciato in basso, lega una fascina per realizzare un ulteriore flagello. “È uno dei quadri più ostici da copiare o anche solo da emulare del maestro lombardo” si legge nel catalogo della mostra.
Un’opera di profonda drammaticità, dove le figure tormentate, le pennellate rapide, i toni cupi, enfatizzati dal contrasto con il rosso acceso della parete che fa da sfondo al quadro, rimandano a quel periodo tormentato che visse Caravaggio all’epoca. Era il 1606 quando dovette fuggire da Roma per scampare alla pena capitale inflittagli a seguito di un omicidio da lui commesso durante una rissa. «Ciò che Caravaggio dipinge in questa tela - spiegano le storiche dell’arte Clara Goria e Donatella Zanardo - è il fotogramma prima della flagellazione, è l’attimo prima che tutto si compia, e colpisce il contrasto tra la natura divina e quella umana, tra la luce che illumina il corpo perfetto di Cristo, la luce della verità, e l’aspetto delle figure più popolane, anche più grottesche, dei flagellatori».
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