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Evento

Museo Egizio: tre nuove sale e 6mila reperti verso il bicentenario

Ecco “Materia. Forma del tempo”, la mostra permanente realizzata con gli oggetti custoditi nei magazzini di via Accademia delle Scienze

Il Museo Egizio di Torino

“Materia. Forma del tempo”

Milleseicento metri quadri di nuovi spazi espositivi. Spazi che parlano degli oggetti «prima che diventino oggetti», parlano di legni, di pigmenti, di ceramica, di pietra, di tutto ciò che compone quello straordinario patrimonio conservato nel secondo museo al mondo di antichità egizie. È la “Materia. Forma del tempo”, un allestimento permanente da oggi visitabile nel museo di via Accademia delle Scienze. Un altro «piccolo museo all’interno del museo, dopo la Sala della Scrittura» sottolinea il direttore, ricco di 6 mila reperti provenienti dai magazzini museali. Una nuova chicca che il bicentenario dell’Egizio regala al pubblico.


«L’allestimento riprende una mostra di cinque anni fa, “Archeologia invisibile” - spiega la presidente Evelina Christillin -. La mostra ha avuto un grande successo e quando è terminata abbiamo ricevuto moltissime richieste di replicarla». E l’occasione delle celebrazioni per i 200 anni è stata quella giusta. Frutto di dieci anni di ricerche, l’allestimento, che si avvale della curatela scientifica di nove egittologi del Museo, si snoda su due livelli, al piano terreno e nell’ipogeo, e si articola in tre sezioni, la prima dedicata ai legni e ai pigmenti, la seconda alla ceramica e la terza alla pietra. Al piano terreno nella sala delle ceramiche spicca la “biblioteca” dei vasi.

Cinquemila reperti disposti all’interno di grandi vetrine, come in una biblioteca. Manufatti realizzati con varie tecniche, al tornio, con gli stampi, con la tecnica a colombino. Grazie, poi, alle ricerche condotte, si è scoperto anche che cosa contenessero quei vasi. Ad esempio, in una giara di terracotta del Nuovo Regno le analisi dei residui organici hanno rilevato la presenza di una miscela costituita da oli vegetali e grassi animali.


Ci sono, poi, le “librerie” dei legni, con 40 varietà di specie, e la biblioteca dei pigmenti, che testimoniano la varietà dei minerali utilizzati dagli artigiani egizi per ottenere intensità e tonalità di colori diversi, smentendo così l’idea, a lungo coltivata, che usassero solo i cinque colori principali: ocra gialla e rossa, carbone, calcite, silice e ossidi di rame per il celebre blu egizio.
Tutto documentato, tutto descritto nelle teche, nei disegni esplicativi delle sale. Nell’ipogeo, infine, la sala della pietra, dove campeggia la statua della dea Hathor, si indagano materiali, forme e manifatture delle stele, di manufatti in lapis lazuli e altro ancora. Partendo, poi, dai frammenti di decorazione rinvenuti in una tomba di Qau se ne ricostruisce il soffitto con un’immagine digitale . «Con queste nuove sale mettiamo al centro la ricerca - afferma il direttore Greco -. Questo rappresenta un cambio ontologico del Museo che si vuole qualificare come museo archeologico».


Insomma, un Museo che non finisce mai di stupire. E a stupire in questi mesi sono stati anche i numeri dei visitatori. «Ci aspettavamo che con i lavori in corso e la chiusura di alcune sale come la Galleria dei Re il pubblico diminuisse – afferma la presidente Christillin - , invece gli ingressi sono stati più o meno gli stessi dello scorso anno».
Intanto in via Accademia delle Scienze fervono i lavori in vista della data del 20 novembre.
«Il 20 novembre inaugureremo la prima parte dei lavori alla presenza del presidente  Sergio Mattarella che ci ha concesso l’alto patronato della Presidenza della Repubblica – è ancora la presidente -. Il 22, poi, ci sarà l’annullo filatelico del francobollo dedicato al bicentenario».

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