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Fondazione Accorsi-Ometto

Giorgio De Chirico, il genio del surrealismo

Da oggi al 2 marzo in via Po 55 la mostra dedicata ai cento anni del movimento

De Chirico

"L'aragosta"

«Reperire quadri di De Chirico è difficile, ricercarli, poi, di un periodo in particolare è molto più difficile» spiega Guido Appendino, presidente della Fondazione Accorsi-Ometto. Ma alla fine, grazie a prestiti da importanti musei e istituzioni e anche da collezionisti privati, ha preso forma la bella mostra “Giorgio De Chirico: 1924”, da oggi e fino al 2 marzo 2025 visibile nelle sale del Museo di via Po 55.

«Una mostra ideata in occasione del centenario del Surrealismo - sottolinea il direttore del Museo Accorsi-Ometto Luca Mana - e che prende in considerazione il periodo che va dal 1921 al 1928».

È dell’ottobre 1924 la pubblicazione del “Manifeste du Surréalisme” del critico francese André Breton. Ma il Surrealismo ha un cuore italiano e quel cuore batte in De Chirico. «De Chirico è un metafisico - ricorda la curatrice della rassegna Victoria Noel-Johnson, tra le massime esperte del maestro di Volos – , ma è lui il padre spirituale del Surrealismo».

E lo si può vedere nei dipinti e nelle opere di carta, una cinquantina in totale, che compongono il percorso espositivo e che l’artista realizzò in quell’arco temporale di sette anni segnato dal complicato rapporto con André Bréton e con il poeta Paul Éluard e la moglie Gala. Rapporto complicato perché, se all’inizio Breton riconobbe a De Chirico il ruolo di precursore del movimento, in una dichiarazione pubblica del 1926 lo dichiarò artisticamente morto nel 1918. In mostra anche per la prima volta il carteggio De Chirico-Bréton, prestito della Bibliothèque littéraire Jacques Doucet di Parigi.

Nelle cinque sezioni in cui si articola la mostra, l’eccellenza tecnica, la creatività e l’evoluzione artistica di De Chirico - «siamo esploratori, pronti per altre partenze» scriveva nel 1918 – risultano in opere come l’“Autoritratto con la madre”, “Les Chevaux devant la mer”, “L’aragosta”, “Il combattimento di gladiatori”, “Lucrezia” l’“Autoritratto” del 1925, la prima opera di De Chirico acquistata dallo stato Italiano, l’“Ulisse”, “La famiglia del pittore” e altri capolavori. Una sala del Museo è poi dedicata all’eredità dell’artista, all’influenza che egli ebbe su personaggi come Dora Maar, Magritte, Picabia, Dalí, Cocteau, Éluard e altri. A testimoniarlo i ritratti, una ventina circa, di artisti, poeti e scrittori surrealisti fotografati da Man Ray e Lee Miller. Con questa mostra il Museo Accorsi-Ometto si propone, dunque, ancora una volta, nelle parole del direttore Luca Mana come “vetrina del Novecento”. E dopo De Chirico il prossimo anno in vetrina ci sarà, anticipa il direttore, «Carol Rama e quindi una mostra sullo Spazialismo».

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