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All'opera
24 Febbraio 2025 - 16:55
La spettacolare messa in scena
Con il “Rigoletto” Leo Muscato si era confrontato già nel 2014, firmando una regia dal sapore espressionista. Ora il regista pugliese riprende l’opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma “Le Roi s’amuse” di Victor Hugo, e la propone in un nuovo allestimento (con il sostegno di Reale Mutua) che debutta al Teatro Regio di Torino venerdì, 28 febbraio, in replica fino all’11 marzo (l’anteprima giovani è prevista per il 27 febbraio). La sfida è ancora una volta, dice, quella «di mettere in scena un’opera così bella, così popolare cercando di raccontare esattamente la storia che Verdi e Piave ci hanno consegnato ma in modo tale che possa emozionare sia chi l’ha vista mille volte sia chi non sa neanche di che cosa parli. Il nostro obiettivo – aggiunge – è toccare il cuore degli spettatori». E pare che i cuori li abbia toccati in anticipo, visto che le recite sono tutte sold out. «Sono andate esaurite già da alcuni giorni - sottolinea il sovrintendente del Regio Mathieu Jouvin - Un risultato importante nell’ottica del rilancio del teatro, soprattutto dopo i successi che abbiamo registrato per l’“Elisir d’amore”, per i balletti, per “Le nozze di Figaro”».
Sul podio a guidare l’Orchestra del Regio la bacchetta di Nicola Luisotti, mentre nei ruoli principali saranno il baritono George Petean, alias Rigoletto, in quello della figlia Gilda, Giuliana Gianfaldoni, mentre il duca è interpretato dal tenore Piero Pretti (nel corso delle recite si alterneranno due cast di interpreti). Alla guida del Coro il maestro Ulisse Trabacchin.
A sei anni dall’ultimo Rigoletto andato in scena sul palco del teatro di piazza Castello, a firma della star hollywoodiana John Turturro, rivive la vicenda del giullare deforme che, alla corte dei Gonzaga di Mantova, nel tentativo di proteggere l’amata figlia Gilda, invaghitasi del frivolo e incostante duca, finirà, però, col causarne la morte. Una vicenda riletta in tempi più vicini a noi. Così l’ha voluta Muscato e il suo team, la scenografa Federica Parolini e la costumista Silvia Aymonino. «L’abbiamo ambientata, tra le due guerre, all’epoca della Belle Epoque – spiega il regista -. Abbiamo lavorato sul concetto di identità e abbiamo immaginato un mondo dove la realtà è solo quella percepita. Ciò che vediamo non sappiamo se corrisponde al reale o a ciò che appare. I personaggi sono duplici o addirittura molteplici, è un mondo “riflettente” che abbiamo reso sulla scena con un grande specchio». Un dramma a tinte fosche in un ambiente gotico, segnato da chiaroscuri, dove gli spazi sono solo suggeriti, dove è difficile distinguere un interno da un esterno, dove il comico si intreccia al tragico, il grottesco al sublime. E soprattutto dove risuonano arie famosissime, diventate parte di un patrimonio comune, come “La donna è mobile”, “Bella figlia dell’amore”, “Cortigiani vil razza dannata”.
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