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Teatro Stabile, su il sipario con l"Amleto": "Così il suo dubitare rappresenta tutti noi"

La stagione (la settantesima) del teatro nazionale torinese al via il prossimo 6 ottobre al Carignano

Teatro Stabile, su il sipario con l"Amleto": "Così il suo dubitare rappresenta tutti noi"

La scenografia dell'Amleto in programma dal prossimo 6 ottobre

La scena è spoglia, prevalentemente bianca. Bianchi gli scalini della tribuna assemblata sul palcoscenico, bianchi i costumi degli attori, costumi che ricordano quelli dei pagliacci. E si comprende da subito come l’“Amleto” di Shakespeare firmato da Leonardo Lidi non abbia nulla della messinscena tradizionale. Si alzerà lunedì 6 ottobre al Teatro Carignano con il capolavoro shakesperiano riletto, con un linguaggio visivo moderno, dal regista piacentino, il sipario sulla settantesima stagione del Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale. La traduzione e l’adattamento sono di Diego Pleuteri.

«Amleto è tutti noi - dicono dallo Stabile -, perché il suo dubitare rappresenta l’essenza stessa della nostra umanità. Per questa ragione è sembrato naturale che la stagione intitolata “Essere Umani” si aprisse proprio con l’Amleto». Una prima nazionale per questa produzione sostenuta da Fondazione Crt che inaugurerà il cartellone 2025-2026 in una «sobria» serata, in perfetto stile sabaudo - «non ci sarà nessun allestimento particolare nel foyer» anticipano dallo Stabile -. Fresco del Premio Hystrio alla Regia 2025 consegnatogli il 12 settembre scorso al Teatro Argentina di Roma, il direttore della Scuola per Attori dello Stabile si confronta con la più famosa e potente tragedia del Bardo e lo fa con un cast, dice, «di sette possibili Amleti (Mario Pirrello, Alfonso De Vreese, Ilaria Falini, Christian La Rosa, Rosario Lisma, Nicola Pannelli, Mario Giuliana Vigogna, ndr.), capitanati da Mario Pirrello, in grado di raccontare una distanza indispensabile con l’identikit del personaggio, ma allo stesso tempo un’adesione speciale con l’anima del principe di Danimarca».

Con Mario Pirrello nelle vesti del protagonista, si racconterà la storia del principe Amleto e dei suoi tentativi di vendetta contro lo zio Claudio, che ha assassinato il padre di Amleto per impossessarsi del trono e sposare la madre. Ma ad Amleto Lidi affida un compito importante.

«Può ricordarci, ad esempio, di “trattare bene gli attori che sono l’essenza del nostro tempo” e che, per smascherare la corruzione del re, per rappresentare le nefandezze di chi ci governa, di chi ci uccide il padre e ci fotte la madre, abbiamo bisogno di una trappola per topi, una trappola chiamata teatro. Scegliendo il teatro non ci si accontenta della forma, del maledetto biopic che attanaglia la nostra epoca. Scegliendo il teatro, pubblico e attori scelgono l’anima dell’essere (o non essere) umani». E aggiunge: «Ho preso le distanze dalla verità creando un mondo altro, per consentire un avvicinamento condiviso attraverso la rappresentazione. Più il guscio di noce è artefatto più forte sarà lo svelamento e più sentiremo determinante la battuta: “Tutto questo sembra, perché questo si può recitare. È la veste, è la scena, del dolore. Ciò che è in me va oltre lo spettacolo”». In scena fino al 26 ottobre

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