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Spazio Musa

L'incredibile storia di Wolfgang Beltracchi: il più grande falsario d'arte del secolo sarà a Torino

Ha truffato per quarant'anni i più importanti collezionisti del mondo, ha scontato la sua pena e oggi è tornato sulla cresta dell'onda

Wolfgang Beltracchi

Wolfgang Beltracchi

Falsario, millantatore, chiamatelo come volete ma, certamente parlando di lui, di Wolfgang Beltracchi, non bisogna dimenticare di aggiungere la parola genio. Sia per quanto riguarda il suo innato talento con il pennello che lo inserisce tra i più quotati artisti contemporanei, sia per l’astuzia con la quale, insieme all’amatissima moglie Helene - sono stati soprannominati i Bonnie e Clyde dell’arte - è riuscito a truffare, per quarant'anni, anche i più sofisticati collezionisti internazionali vendendo loro dipinti di incommensurabile valore, rigorosamente falsi.

Come quella volta che convinse Christie’s a battere all’asta un quadro di Ernst, il fantomatico “La Horde”, stimato tra i 2,5 e i 3,5 milioni di sterline. Non falsi d’autore, i suoi, ma dipinti inventati attraverso lo stile dei veri Leonardo, Picasso, Cezanne, Rembrandt, Ernst di cui è stato in grado di riprodurre fedelmente i tratti e le autenticazioni. Il più grande falsario d’arte del XX secolo, che pare abbia venduto opere “finte” per un valore di circa 100 milioni di euro, arriverà per la prima volta a Torino proprio durante la settimana delle fiere e delle mostre più importanti dell’anno e sarà, certamente, uno dei nomi più attesi in grado di attirare l’attenzione degli stessi collezionisti che nella prima fase della sua vita ha fatto gioire e tramare allo stesso tempo.

Beltracchi, tedesco, classe 1951, sarà il protagonista della mostra “Wolfgang Beltracchi. L’invenzione del vero”, in programma a Spazio Musa (via della Consolata 11/a) dal 31 ottobre al 19 novembre, curata da Francesco Longo che è riuscito, tra l’altro, nell’impresa di portare l’artista in città. Una cosa non facile per questo Grande Lebowski dell’arte, che sembra nato anche lui dalla penna dei fratelli Coen, uno che la sa fare franca. Anche quando nel 2010 attraverso gli esami su una tela attribuita a Campendonk, gli scienziati si sono accorti che il bianco utilizzato non era ancora in commercio nel 1917 e lo denunciarono. Dopo avere confessato, Wolfgang ed Helene finirono in carcere rispettivamente per sei e quattro anni uscendone più forti di prima. Tanto che oggi il valore delle opere originali di Beltracchi si aggira sui 250, 300 mila euro. I quadri in mostra a Torino, realizzati dopo la sua parabola giudiziaria, raccontano così un artista che ha scelto di trasformare la condanna in un atto di libertà.

Tra i più attesi la serie dedicata al Salvator Mundi, in cui Beltracchi rilegge l’iconica immagine di Cristo non più come semplice figura salvifica, ma come specchio di un sistema dell’arte che cerca redenzione nel mercato stesso. Una meta pittura rivolta all’opera leonardiana più discussa, scoperta solo nel 2005 e poi venduta all’asta a New York per la cifra 450 milioni di dollari e oggi custodita ad Abu Dhabi. Nella serie che ne fa Beltracchi, ogni versione, declinata nei linguaggi di Van Gogh, Picasso, Dalí, Warhol e altri maestri, trasforma l’immagine in un simbolo molteplice: un Cristo universale, un’icona pop, un riflesso spirituale e commerciale insieme. Il Salvator Mundi, il suo falso meglio riuscito? Sì, c’è anche chi lo pensa.

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