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Teatro Gioello

Giorgio Marchesi, che successo il Mattia Pascal: "Sì, lo devo anche a mia moglie..."

L’attore bergamasco torna a Torino dal 21 al 23 novembre nello spettacolo diretto con Simonetta Solder

Giorgio Marchesi

Giorgio Marchesi in "Il fu Mattia Pascal"

Il sogno di potere cambiare identità, di sparire dalla quotidianità e dai suoi problemi per reinventarsi un’esistenza. Chi non lo ha mai desiderato? Solo uno, però, Luigi Pirandello, è stato in grado di realizzare su questo tema uno dei capolavori della letteratura del Novecento, “Il fu Mattia Pascal”.

Un testo affascinante, pungente quanto profondo, che oggi il teatro ripropone nella bella versione con Giorgio Marchesi, anche regista insieme con la moglie e collega Simonetta Solder (“Braccialetti rossi”, “Un bacio”), e che tornerà a Torino, dove due anni fa riscosse molto successo, dal 21 al 23 novembre al Teatro Gioiello. Quasi sold out tutte le repliche.

Sul palco Marchesi, volto noto della fiction e del cinema italiani da “Un medico in famiglia”, che segnò il suo esordio, a “Studio Battaglia” fino ai film “Romanzo di una strage” di Marco Tullio Giordana e “Un bacio” di Ivan Cotroneo, si cimenta in un monologo accompagnato solo dalla musica di Raffaele Toninelli.

Come sarà il suo Mattia Pascal?

«E’ un testo conosciuto, che piace, ma a tratti può sembrare un po’ pesante. Abbiamo cercato di alleggerirlo per renderlo frizzante e veloce e di attualizzarlo attraverso il bel lavoro di Toninelli e l’inserimento anche di musiche contemporanee ed elettroniche. Il mio Mattia Pascal è senza tempo, l’idea è quella di renderlo sempre attuale e non legato a un periodo definito. Punto sull’ironia, ho lasciato il testo originale anche se ho cercato di alleggerirlo».

Come?

«Sul palco sono una sorta di Dean Martin che recita, si muove e balla rendendo leggero lo spettacolo e, soprattutto, il testo di Pirandello».

Ha mai desiderato di diventare qualcun altro?

«Io lo faccio già, ogni volta che devo interpretare un nuovo personaggio, se devo impersonare un medico cerco di capire come si muove e agisce un medico, per esempio. Il nostro lavoro è come un gioco».

Quando ha capito che quello dell’attore sarebbe stato il suo mestiere?

«Ci sono arrivato un po’ tardi, in realtà, avevo già 23 anni quando da Bergamo mi trasferii a Roma, appena iniziai mi si aprì un mondo».

E poi il successo...

«Sì, arrivò con “Un medico in famiglia” e subito dopo con “Una grande famiglia”, avevo 28 anni».

Poi è arrivata Simonetta, l’amore, le nozze, i due figli.

«Sì, senza di lei la mia vita professionale non sarebbe la stessa. Lei è stata fondamentale per tutto, anche in questo spettacolo. Io avevo già preparato molto, ma mi mancava qualcosa così ho deciso di chiedere a mia moglie. La stimo tantissimo, non ci potrebbe essere l’amore, per quanto mi riguarda, senza la stima».

Torino?

«Una città che adoro, ho girato tanto da “Tango della libertà” al film di Marco Tullio Giordana, amo il Valentino, i suoi ristoranti e poi, due anni fa, festeggiai i miei cinquant’anni proprio al Gioiello».

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