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Buon compleanno
27 Ottobre 2023 - 17:29
Incredibilmente Stanis La Rochelle è uno dei nomi vietati in Italia, uno di quelli che la legge proibisce - al pari di Satana, Osama Bin Laden oppure Ikea - di dare ai propri figli. Probabilmente per evitare che l'enorme popolarità del personaggio crei legioni di GeiAr - scritto proprio così - o Sue Ellen come ai tempi del successo planetario di Dallas.
E, particolare non da poco, Stanis La Rochelle non è neppure il vero nome: quello è Enzo Facchetti, ma lui ha scelto il nome d'arte per tagliare ogni rapporto con l'Italia. Come non manca di ripetere continuamente sul set de "Gli occhi del cuore", la soap di cui è protagonista indiscusso.
"Boris" è una di quelle serie che, con i suoi personaggi, ha cambiato il mondo della televisione, inutile negarlo, regalando grande popolarità ai suoi interpreti, compreso Pietro Sermonti, ossia Stanis. Del quale si sanno un sacco di cose, ma chi va a immaginare che sotto sotto sia un rampollo della famiglia Agnelli, pronipote dell'Avvocato?
Pietro Sermonti, che ha in questi giorni compiuto 52 anni, è nato a Roma, figlio di Vittorio Sermonti, giornalista dell'Unità, esegeta di Dante, e di Samaritana Rattazzi, figlia di Susanna Agnelli e del conte Urbano Rattazzi. «Il mio babbo ha conosciuto mia mamma perché era andato a casa di mia madre a far ripetizioni ai suoi fratelli piccoli, che non spiccavano per essere dei grandi studiosi. Mia mamma ha visto quest’uomo di una certa età entrare molto elegante in questa casa, e dice di essersene perdutamente innamorata, lei ventenne, di lui quarantenne» si legge nella biografia di Anteprimanews.
Nipote di Susanna e pronipote di Gianni, dunque. Vestiva anche lui alla marinara? Non si sa. Di certo è juventino fino al midollo, tanto da aver giocato nelle giovanili bianconeri, con il numero 10, idolo ovviamente Michel Platini. «Molti pensano che io sia della Juve per appartenenza familiare. È vero, ma lo devo a mio padre Vittorio Sermonti, che con gli Agnelli non c’entra niente».
«Certo, rispetto ai miei cugini, sento di essere un po’ un bastardello» è un'altra sua dichiarazione ben nota. «Il fatto di essere un “meticcio”, di appartenere a una famiglia di “signori del vapore” e di essere figlio di un grande intellettuale, credo sia la mia fortuna. Tolti tutti gli attriti tipici dell’adolescenza, con le sue asprezze e spigolosità, ovvero una volta fatta pace col mio sangue, ho davvero cominciato ad apprezzare il patrimonio culturale che avevo a disposizione».
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