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Il cecchino senza nome in fuga dalla guerra che incontrò Primo Levi

Per la prima volta in Italia, il romanzo postumo di Julio Manuel de La Rosa tradotto da Scritturapura

Il cecchino senza nome in fuga dalla guerra che incontrò Primo Levi

Dopo aver militato nell'Armata Rossa come un abilissimo cecchino senza identità né nazionalità durante l'assedio di Stalingrado, un "soldato senza tempo che attraversa tutte le guerre, fantasma che fugge dall'orrore" decide di disertare. Inizia così la sua lunga e solitaria fuga attraverso le steppe russo-ucraine, conducendolo infine – lui, che non è "ebreo né gitano, né malato o subnormale, né omosessuale, delinquente o comunista dichiarato" – fino al "Grande Baraccone" di Auschwitz. Qui farà amicizia con Primo Levi, "il ragazzo italiano che non ha saputo sopportare lo spettro dei suoi ricordi", al quale confiderà il suo desiderio di evasione. Riprende quindi a vagare nella steppa, affrontando incontri, traumi, atrocità, fame e sete, deliri, riflessioni e ricordi frammentari, fino a raggiungere un epilogo inaspettato e, almeno in parte, liberatorio.

"Al levarsi del sole io mi trasformo nelle mie gambe; voglio dire che il cervello, dove si trova l’intelligenza, si sposta e si va a sistemare nelle gambe. Gambe che hanno due fari, uno in ogni scarpone; scarponi – possono ancora esser definiti così – che tolsi a un morto steso sul ciglio della strada, un morto ancora giovane che non faceva paura, anche se morto lo era davvero. Fece poca resistenza ai miei sforzi e mi cedette due scarponi quasi nuovi, foderati di lana, un rinvenimento, quasi un tesoro e della misura perfetta per i miei piedi deformi, con le unghie lunghe e nere. Scarponi che ormai fanno parte del mio corpo, sempre più debilitato dalla fame".

"L'ultima battaglia" (Scritturapura, 15 euro, traduzione di Marino Magliani) è il romanzo postumo di Julio Manuel de la Rosa (1935-2018). Scrittore spagnolo, attento alla cultura italiana – in particolare a Cesare Pavese, di cui scrisse una biografia, e Italo Calvino – viene tradotto per la prima volta nel nostro Paese. Vincitore del “Premio Sésamo” e del “Premio Ateneo de Sevilla”, in quest’opera epica sulla miseria, l’insensatezza e l’assurdità di ogni guerra, Julio Manuel de la Rosa ci narra le vicende, i pensieri, i sogni e le allucinazioni di un disertore dell’Armata Rossa – intenzionalmente privo di nome e nazionalità – che vaga per un tempo indefinito tra steppe e tormenti. Non un disertore di una guerra specifica, ma – monito per il futuro – di ogni possibile guerra.

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