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IL BORGHESE

Dietro le sbarre della vergogna

Leggi il commento del direttore Beppe Fossati

Dietro le sbarre della vergogna

Dietro le sbarre della vergogna

Sono in troppi, accampati come prigionieri di guerra. Ma qui la guerra non c’è’, se non quella scatenata dall’incuria e dal lassismo della politica. Tutta, senza eccezioni di colore  che il bubbone delle nostre carceri lo ha lasciato a marcire in celle superaffollate, con le brande una attaccata all’altra, i muri scrostati, spesso coperti di muffa verdastra, le docce che non funzionano, o lasciano filtrare solo qualche goccia d’acqua. La fotografia impietosa è quella del “Lorusso e Cotugno” di Torino costruito nel 1986 per ospitare circa 1.100 detenuti. Che ora sono più di 1.500 con un sovraffollamento vergognosoche si ripete, più o meno negli altri 12 istituti del Piemonte. Stesse magagne, stesse tensioni. Stesse rivolte, quasi sempre “ordinate” da radio carcere. Dove tutto è lecito, come in un girone infernale, con lotte partigiane tra etnie e bande criminali, dove i fragili e gli innocenti (ce ne sarà pure qualcuno) subiscono violenze e abusi. Dove la droga è di casa, tutta. Compreso il crack. Vederlo dal di dentro fa capire che nella gestione della popolazione cerceraria si è verificato un cortocircuito. Per la mancanza di personale, di assistenza, di medici. Parlare di rieducazione alla vita è un paradosso. Se non uno spreco di tempo. E le misure aternative, quelle che adesso finiscono nei titoloni dei giornali, una follia. Per le carceri, da Torino alla Valle d’Aosta vi sono un direttore del Tribunale di Sorveglianza in pectore (mai nominato) che si chiama Marco Viglino e quattro magistrati. Dovrebbero essere 7. Lo Stato si è fatto lo sconto del 50%. E le  pratiche, quelle che dovrebbero verificare la possibilità delle pene alternative, come i domiciliari, o la messa alla prova sono oltre  5 mila a testa. Faldoni che restano coperti di polvere mentre le vite di chi ha sbagliato anche una sola volta restano sospese. Eppure è qui, tra le carte che raccontano reati e probabili pentimenti, che c’è la possibilità di giocare una carta contro il sovraffollamento. Ma Viglino combatte una guerra senza soldati. E il bubbone rischia davvero di scoppiare.

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