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La sentenza

75 coltellate e nessuna crudeltà? La verità giuridica dietro la sentenza Turetta

I giudici non hanno ignorato l’orrore, ma hanno applicato la legge: cosa si intende davvero per crudeltà nel diritto penale italiano

Filippo Turetta (Fonte Ansa)

Filippo Turetta (Fonte Ansa)

La sentenza che ha condannato Filippo Turetta all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin ha provocato un’ondata di reazioni sui social, in particolare per l’assenza dell’aggravante della crudeltà. Molti utenti, soprattutto su TikTok, hanno mostrato video in cui si cronometrano i secondi necessari per infliggere 75 coltellate, chiedendosi: se questo non è crudele, allora cos’è?

La domanda è legittima sul piano emotivo, ma rischia di travisare il piano giuridico. La crudeltà, infatti, nel diritto penale italiano ha un significato tecnico preciso, ben diverso dall’uso comune del termine.

Cosa significa "crudeltà" per la legge

L’articolo 577 del Codice Penale parla di omicidio “commesso con sevizie o con crudeltà verso le persone”. Ma secondo la giurisprudenza consolidata, questa aggravante non può essere riconosciuta in base alla sola efferatezza o violenza del gesto.

Perché si parli di crudeltà, occorre che l’autore del reato abbia voluto coscientemente infliggere alla vittima sofferenze aggiuntive, gratuite, non necessarie alla realizzazione dell’omicidio. Si tratta, in altre parole, di una volontà sadica: chi uccide con crudeltà non si limita a voler togliere la vita, ma vuole farlo facendo soffrire il più possibile.

Non basta quindi il numero delle ferite, la brutalità dell’azione o l’orrore del risultato. Serve una prova chiara che l’intento fosse quello di far soffrire, non semplicemente di uccidere.

@avv_giuseppe_di_palo Filippo Turetta: perché è stata esclusa la crudeltà nonostante i 75 colpi? #avvocatogiuseppedipalo ♬ Emotional Hopeful Epic Piano - DensoMusic

Nella sentenza che condanna Filippo Turetta all’ergastolo, la Corte d’Assise ha riconosciuto diverse aggravanti: la premeditazione, i motivi abietti e futili, la volontà di punire l’autonomia di Giulia. Ma non ha riconosciuto l’aggravante della crudeltà.

La motivazione risiede, in gran parte, nella perizia medico-legale: le 75 coltellate, pur orribili, sono state valutate come il risultato di un’azione frenetica e caotica, non di un intento sadico. In altre parole, Turetta non avrebbe inferto ferite per far soffrire Giulia, ma avrebbe continuato a colpire perché incapace di portare a termine l’omicidio in modo "efficace". Una dinamica omicida spinta dall’inesperienza, non da una volontà sadica di tortura.

Comprendere queste distinzioni non significa sminuire l’atrocità del crimine. Al contrario: il riconoscimento dell’ergastolo, con tutte le aggravanti accertate, mostra quanto i giudici abbiano valutato come gravissimo il fatto. Ma la giustizia non può basarsi sull’impressione, sull’emotività o sulle semplificazioni virali dei social. Deve basarsi su prove, perizie e principi giuridici consolidati.

Quindi, si poteva riconoscere la crudeltà? Forse. Ma non in assenza di prove certe. Come ha osservato più di un esperto, per dire che i giudici hanno sbagliato, bisognerebbe aver letto la perizia, aver studiato decenni di sentenze della Cassazione, e capire davvero come funziona il concetto giuridico di “crudeltà”. In mancanza di tutto ciò, il rischio è quello di trasformare il dibattito pubblico in un tribunale dell’indignazione, più utile a generare click che comprensione.

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