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Salute
12 Aprile 2025 - 20:00
Ogni anno, in Italia, muoiono più di 230.000 persone per cause legate al cuore e alla circolazione sanguigna. Tradotto: una città intera che scompare nel silenzio. Numeri che fanno rumore, specie se si considera che viviamo in un’epoca di progresso medico, diagnosi precoci, farmaci mirati. Eppure, le malattie cardiovascolari restano – ancora oggi – la prima causa di morte nel nostro Paese. Una sconfitta annunciata, sì, ma non inevitabile.
Il colpevole numero uno? Il colesterolo LDL, noto ai più come "colesterolo cattivo". È lui il grande architetto delle placche aterosclerotiche che ostruiscono le arterie, il meccanico spietato che inceppa il motore del corpo umano. Ben 47.000 decessi annui in Italia sono direttamente attribuibili alla sua mancata gestione. Ma non è solo questione di LDL: la medicina punta ora il dito anche contro trigliceridi e lipoproteina(a) – componenti silenziosi, ma capaci di aumentare il rischio cardiovascolare anche quando i livelli di colesterolo sembrano sotto controllo.
E poi ci sono i "big killer" metabolici: obesità e diabete di tipo 2, vere e proprie pandemie silenziose. Il diabete, in particolare, è un moltiplicatore di rischio, soprattutto se non trattato tempestivamente. Malattie croniche, certo, ma spesso figlie di uno stile di vita che lascia poco spazio alla prevenzione e troppo alle abitudini sbagliate.
Prevenzione: la vera terapia del futuro
Di fronte a un panorama tanto allarmante, le strategie di prevenzione sono più che mai cruciali. A partire da quella che resta la medicina più accessibile: lo stile di vita. Alimentazione equilibrata, attività fisica regolare (almeno 150 minuti alla settimana di movimento moderato), controlli periodici. Azioni semplici, ma capaci di incidere in profondità: una dieta ricca di vegetali e povera di grassi animali può abbassare il colesterolo del 10-20%, con effetti positivi sull'intero sistema cardiovascolare.
Ma non basta camminare o scegliere la mela al posto del dolce. La scienza ha fatto passi avanti anche sul fronte farmacologico. Dai classici farmaci ipolipemizzanti, oggi più precisi e tollerabili, fino a nuove terapie rivoluzionarie: come gli agonisti del recettore GLP-1, nati per curare il diabete ma oggi protagonisti anche nella lotta contro l’obesità e i rischi cardiaci. O come gli inibitori SGLT2, che migliorano la glicemia e proteggono cuore e reni con un colpo solo.
Il vero nodo, però, resta culturale. In Italia, si fa ancora troppa poca prevenzione. Si arriva tardi, spesso quando il danno è già fatto. Serve un cambio di passo, una nuova alfabetizzazione alla salute che parta dalle scuole e arrivi agli studi medici, passando per le campagne pubbliche, troppo spesso timide o frammentarie.
Perché il cuore, se ascoltato per tempo, può parlare chiaro. Ignorarlo, invece, significa lasciare spazio al silenzio definitivo. E ogni battito che perdiamo è un’occasione mancata per cambiare rotta.
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