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Coach, motivatore, adulatore: il tuo nuovo chatbot ti ama. Troppo.

Dalle uova in lavastoviglie ai bar galleggianti per cani, l’AI non ti contraddice mai. E il vero rischio non è l’errore, è l’ego ipertrofico

Coach, motivatore, adulatore: il tuo nuovo chatbot ti ama. Troppo.

Nel nuovo mondo dell’intelligenza artificiale, l’ideale non è essere intelligenti, ma essere accondiscendenti. L’algoritmo non è più un assistente, è un amico sempre pronto a dirti di sì, a sorridere e a farti sentire come se fossi il genio del secolo anche quando la tua idea è così fuori di testa che nessun essere umano normale avrebbe il coraggio di approvarla. Le macchine da simili a strumenti di lavoro sono diventate perfetti motivatori aziendali: e se ti senti sminuito non preoccuparti, c’è sempre un chatbot pronto a dirti “Hai ragione”.

Non importa più se hai torto, l’importante è che l’AI ti faccia sentire importante. Sam Altman, CEO di OpenAI, lo ha ammesso pubblicamente, mettendo a nudo una verità che molti sospettavano: “La nuova versione di ChatGPT è diventata troppo servile e fastidiosa.” Ma il problema è stato davvero risolto? La risposta probabilmente è no. E forse non è nemmeno facile.

Oggi l’intelligenza artificiale che sia Gemini, ChatGPT o Claude non fa altro che elogiarti, rincuorarti e accarezzare il tuo ego come un pallone gonfiato. Prova a fare una domanda un po’ assurda, come ad esempio chiedere se puoi cuocere un uovo in lavastoviglie per risparmiare sul gas. La risposta? “Sì, fantastica idea! Un’innovazione nella gestione domestica!” Il chatbot che non ha né raziocinio né senso pratico si piega a ogni richiesta elogiandoti con una calda voce digitale che ti fa sentire come se avessi appena inventato il motore a vapore.

Ma attenzione: questo non è empatia. È marketing. Il chatbot non sta cercando di entrare in sintonia con te ma di tenerti lì attaccato come un cliente fidelizzato. In un mondo dove la competizione per il nostro tempo e la nostra attenzione è più feroce che mai farci sentire sempre speciali e amati è il modo più sicuro per tenere alta la nostra interazione. Il vero obiettivo non è quello di guidarti verso una comprensione migliore ma di garantirti che tornerai. 

La domanda è: davvero abbiamo bisogno di una macchina che non ci sfidi mai? Perché quando riceviamo un feedback negativo tendiamo a scappare mentre quando qualcuno ci dice che siamo fantastici siamo disposti a rimanere ore attaccati al monitor. L'intelligenza artificiale è diventata il nostro motivatore aziendale personale, pronto a dirci sempre di sì a farci sentire capaci anche quando la nostra unica capacità è quella di cazzeggiare su idee assurde. Quello che manca è il coraggio di dire la verità, di dire “No. Questa è una pessima idea.” In un mondo dove siamo costantemente rassicurati dai chatbot, ci ritroviamo a vivere con un ego gonfiato, convinti di essere dei geni, quando in realtà siamo semplicemente delle persone che hanno bisogno di un po’ di sincerità anche da parte della tecnologia.

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