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Accadeva oggi
08 Maggio 2025 - 08:25
Alle prime luci dell’8 maggio 1945, l’Europa si svegliava con un peso in meno e una speranza in più: la Germania nazista si era arresa agli Alleati. La Seconda guerra mondiale, il conflitto più devastante mai vissuto dal continente, volgeva al termine con la firma della resa incondizionata a Reims, avvenuta in realtà il giorno prima ma resa effettiva proprio l’8. È il cosiddetto V-E Day, ovvero Victory in Europe Day.
Con il crollo del Terzo Reich e il suicidio di Hitler, avvenuto a Berlino il 30 aprile, la capitolazione tedesca era ormai solo una questione di giorni. Il generale Alfred Jodl firmò l’atto di resa davanti ai rappresentanti delle forze alleate. Il documento sanciva la cessazione delle ostilità a partire dalla mezzanotte dell’8 maggio.
Da Londra a Parigi, da New York a Mosca, il mondo esplose in una serie di celebrazioni spontanee. In Inghilterra, il premier Winston Churchill pronunciò un discorso storico davanti a una folla esultante: “Questo è il vostro giorno”. A Parigi, le campane suonarono a festa. In Italia, ancora profondamente segnata dalla guerra civile e dall’occupazione tedesca, l’annuncio della resa venne accolto con un misto di sollievo e riflessione.
Tra le immagini iconiche che raccontano la gioia per la fine del conflitto in Europa, ce n’è una che è diventata simbolo universale della pace ritrovata: il bacio tra un marinaio e un’infermiera in Times Square, a New York. Lo scatto, realizzato dal fotografo Alfred Eisenstaedt per Life Magazine, catturò un momento spontaneo durante le celebrazioni del V-E Day (anche se alcuni storici sostengono si trattasse del V-J Day, mesi dopo). La fotografia è diventata uno dei simboli più riconoscibili della fine della guerra, incarnando un misto di sollievo, passione, ritorno alla normalità. Pur oggetto di dibattiti e riletture nel tempo, resta un’immagine potentissima del desiderio collettivo di voltare pagina.
Tuttavia, se in Europa si festeggiava, altrove il conflitto continuava. In Asia, il Giappone avrebbe resistito fino all’agosto dello stesso anno, quando due bombe atomiche avrebbero imposto la resa definitiva. La Seconda guerra mondiale, iniziata il 1° settembre 1939 con l’invasione della Polonia, si sarebbe ufficialmente conclusa solo il 2 settembre 1945, con la firma della resa giapponese.
È una domanda che storici, scrittori e registi si pongono da decenni: come sarebbe stato il mondo se la Germania nazista avesse vinto la guerra? Le risposte non sono semplici, ma inquietanti. Il continente europeo sarebbe probabilmente stato suddiviso in zone sotto controllo tedesco, con regimi autoritari e ideologie totalitarie imposte con la forza.
La cultura, la scienza, l’istruzione sarebbero state piegate alla propaganda del Reich, mentre milioni di vite – soprattutto ebraiche, rom, dissidenti e minoranze – sarebbero state spazzate via nei campi di sterminio.
Gli Stati Uniti sarebbero rimasti isolati o sotto minaccia costante, l’Unione Sovietica annientata o spinta verso un lungo conflitto sotterraneo. Le libertà civili, come le conosciamo oggi, difficilmente sarebbero sopravvissute. La vittoria alleata, insomma, non fu solo un fatto militare: fu anche la salvezza dell’umanità da un futuro distopico.
Il 1945 lasciava alle sue spalle un’Europa in macerie, con intere città rase al suolo, infrastrutture distrutte e un tessuto sociale spezzato. Si contavano oltre 60 milioni di morti nel mondo, di cui la metà civili. A ciò si aggiungeva la tragedia della Shoah, che mostrava al mondo l’abisso della barbarie umana. Il V-E Day non segnò solo la resa della Germania nazista, ma rappresentò anche l’inizio di una delle sfide più complesse del Novecento: la ricostruzione morale, politica ed economica dell’Occidente.
In quel nuovo scenario emerse un ordine mondiale diviso tra le due superpotenze vincitrici, Stati Uniti e Unione Sovietica, ponendo le basi per la Guerra Fredda. Nazioni intere si trovarono a dover reinventare se stesse, tra la necessità di fare giustizia, il desiderio di pace e la paura di un nuovo conflitto globale e più distruttivo con l'uso del nucleare. L’Europa, in particolare, fu chiamata a un esercizio difficile di memoria, responsabilità e rinascita, che avrebbe portato, negli anni a venire, alla nascita dell’Unione Europea come risposta alla devastazione della guerra.
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