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13 Maggio 2025 - 22:50
José “Pepe” Mujica è morto. Aveva 89 anni. Da tempo malato di un tumore all’esofago, l'ex presidente dell’Uruguay se n’è andato. Lo ha annunciato con commozione il presidente in carica Yamandú Orsi, suo allievo politico e ultimo compagno di battaglie: «Ci mancherai, caro vecchio».
Dal carcere al potere, senza mai perdere la libertà
Negli anni Sessanta Mujica fu uno dei leader dei Tupamaros, il movimento armato ispirato alla rivoluzione cubana. La dittatura lo ridusse al silenzio con dodici lunghi anni di carcere, molti dei quali in isolamento e tortura. Ma non lo spezzò. Quando nel 1985 tornò la democrazia, Mujica uscì dal carcere con un’idea chiara: la lotta non si fa più con le armi, ma con le leggi.
Nel 1994 entrò in Parlamento con il Movimento di Partecipazione Popolare, cuore pulsante del Fronte Ampio. Nel 2009 vinse le presidenziali. Il mondo scoprì un leader atipico: rifiutava lo stipendio presidenziale, viveva in una fattoria e guidava una vecchia Volkswagen Beetle. Ma sotto quella scorza semplice c’era un riformatore feroce.
Durante il suo mandato (2010–2015), Mujica guidò l’Uruguay verso riforme storiche. Fu il primo Paese al mondo a legalizzare la marijuana dallo Stato. Approvò il matrimonio egualitario. Sostenne il diritto all’aborto. Fece crescere i salari minimi del 250% e portò il tasso di povertà dal 45% all’11%. Avviò un piano energetico ambizioso, trasformando l’Uruguay in un esempio globale di sostenibilità.
Non era solo politica: era visione, coraggio e disobbedienza creativa. “La politica non è un mestiere, è una passione per gli altri,” diceva. E la sua voce ruvida, lenta, profonda, parlava ai giovani, agli ultimi, agli stanchi della retorica.
La moglie, Lucía, al suo fianco fino all’ultimo, aveva promesso di accompagnarlo fino alla fine. Promessa mantenuta.
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