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La parola “Merdoni” nel dizionario: la proposta di Chiara Galeazzi al Salone del Libro

Il nuovo libro edito con Blackie Edizioni che esplora con ironia e acutezza il fenomeno delle shitstorm sui social network.

La parola “Merdoni” nel dizionario: la proposta di Chiara Galeazzi al Salone del Libro

A due anni dalla pubblicazione del suo primo libro Poverina, nel quale aveva narrato l’esperienza drammatica dell’emorragia cerebrale che l’aveva colpita a soli 34 anni, Chiara Galeazzigiornalista e voce nota della radio – è tornata in libreria con un nuovo titolo: Merdoni, edito da Blackie.

Il volume è stato presentato durante l’edizione 2025 del Salone Internazionale del Libro di Torino e si propone come un’indagine originale, ironica e critica sul fenomeno delle shitstorm nei social network, analizzandone la violenza, l’effetto domino e l’impatto emotivo.

Un esperimento digitale: il profilo fittizio su X

Per approfondire le dinamiche dell’interazione digitale, Chiara Galeazzi ha raccontato di aver ideato un esperimento condotto tra novembre e dicembre 2024. In accordo con la casa editrice, ha aperto un profilo falso sulla piattaforma X (ex Twitter), attraverso il quale ha commentato post pubblici in maniera neutra, evitando volutamente toni provocatori. L’intento era osservare le reazioni generate da interventi banali o ordinari, con l’obiettivo di comprendere quanto facilmente si potessero scatenare reazioni sproporzionate.

Nel corso della sperimentazione, l’autrice ha rilevato quanto l’algoritmo premiasse i contenuti più estremi e divisivi, incentivando interazioni accese che si traducono in profitti per le piattaforme. In questo sistema, ha osservato con una certa amarezza, chi gestisce i social guadagna dalle emozioni forti espresse dagli utenti, mentre chi cerca un confronto pacato viene spesso ignorato.

Episodi emblematici: quattro esperienze dirette

Nel corso della presentazione, l’autrice ha anticipato alcuni dei momenti più significativi raccontati nel libro, episodi che testimoniano il tipo di attacchi ricevuti nel tempo.

  1. Il blog su Splinder: Un primo episodio risale agli anni dei blog, quando Galeazzi gestiva un proprio spazio su Splinder. Già allora, ricorda, i commenti offensivi erano all’ordine del giorno.

  2. La recensione su Vice Italia: In un secondo caso, una recensione negativa di un film di Maccio Capatonda pubblicata su Vice Italia fu la miccia per una valanga di insulti, tra cui uno particolarmente offensivo che la definiva “prostituta”.

  3. L’attacco dei no-vax: Un altro momento delicato si è verificato quando la sua esperienza di malattia è stata usata dai no-vax come pretesto per attaccarla ferocemente.

  4. Il caso dell’olio di tonno: Infine, in un video pubblicato da Radio Deejay, in cui partecipava a una rubrica di Matteo Curti, un gesto banale – lo scolo dell’olio di una scatoletta nel lavandino – è bastato a scatenare un nuovo ciclone di critiche.

Dopo ognuno di questi attacchi, Galeazzi ha adottato un approccio passivo ma efficace: non ha risposto, non ha alimentato la polemica, confidando nel fatto che presto sarebbe arrivato un nuovo bersaglio a distogliere l’attenzione collettiva.

“Merdoni”: una parola da vocabolario?

Tra le provocazioni più curiose, l’autrice ha lanciato una proposta linguistica: formalizzare il termine “merdone” come traduzione italiana di “shitstorm”. Ha spiegato che, sebbene il vocabolo sia comunemente usato con un significato volgare o denigratorio, potrebbe invece servire a colmare un vuoto semantico nella nostra lingua. Termini come “gogna mediatica” o “linciaggio online”, infatti, non renderebbero del tutto la natura incontrollabile e spesso grottesca di certi attacchi digitali. Galeazzi ha quindi rivolto un appello ironico ma serio agli editori dei dizionari, affinché non snobbino il termine, evitando però che venga trattato con lo stesso paternalismo che accolse l’invenzione di “petaloso”.

Secondo lei, “merdone” ha il pregio di essere espressivo, diretto e sufficientemente elastico da descrivere l’impeto distruttivo di un’aggressione collettiva via social. Una parola che, dice, “sta bene su tutto”, capace di fotografare un fenomeno ormai comune.

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