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Il processo
22 Maggio 2025 - 14:25
Nel corso del processo antitrust contro Meta Platforms Inc., Brian Acton, cofondatore di WhatsApp, ha dichiarato che la società di messaggistica non aveva alcun progetto di sviluppare funzionalità tipiche di un social network come Facebook prima di essere acquisita da Mark Zuckerberg. Le sue parole rafforzano la difesa di Meta che si trova ad affrontare accuse federali di abuso di posizione dominante.
“Non avevamo alcuna ambizione di costruire funzionalità simili a Facebook, come feed o altre caratteristiche tipiche di un social network”, ha affermato Acton durante la testimonianza in tribunale a Washington. Ha inoltre aggiunto che WhatsApp avrebbe potuto continuare con un modello di abbonamento invece di adottare la pubblicità mirata, qualora fosse rimasta indipendente. Il dibattimento, alla sesta settimana, vede la Federal Trade Commission (FTC) accusare Meta di aver creato un monopolio illegale nel settore dei social network grazie alle acquisizioni di WhatsApp e Instagram oltre dieci anni fa, chiedendo la scissione del gruppo. Meta respinge le accuse, sottolineando la forte concorrenza di altri grandi player come TikTok e Apple, a cui la FTC non presterebbe sufficiente attenzione.
L’acquisto di WhatsApp rappresenta un nodo cruciale della causa. Gli avvocati della FTC sostengono che Meta considerasse WhatsApp un potenziale concorrente nel campo dei social network prima dell’acquisizione del 2014, avvenuta con un’offerta da 19 miliardi di dollari. Pur essendo all’epoca un’app per messaggi privati simile agli SMS, diversi competitor iniziavano a introdurre funzioni social, alimentando i timori dei dirigenti Meta, come dimostrano email e messaggi interni.
“Il rischio competitivo maggiore è che un’azienda sviluppi un’app di messaggistica per piccoli gruppi e la trasformi in un social network più ampio”, scriveva Zuckerberg nel febbraio 2013 al consiglio di amministrazione, quando Meta si chiamava ancora Facebook. Secondo documenti emersi, Zuckerberg ha corteggiato Jan Koum, cofondatore di WhatsApp, per oltre un anno prima della firma, monitorando attentamente crescita e funzionalità di varie app di messaggistica. Gli avvocati di Meta, dal canto loro, sostengono che WhatsApp non avesse alcun progetto di espandersi nel social networking o di lanciare una piattaforma pubblicitaria competitiva. In tribunale è stata mostrata una nota manoscritta di Acton recante la scritta “No Ads! No Games! No Gimmicks!”, e testimonianze di ex dipendenti e membri del consiglio confermano l’assenza di tali piani. Acton è stato chiamato a testimoniare proprio per rafforzare questo argomento.
Durante l’interrogatorio, Acton ha ammesso di non sapere se la proposta di acquisto di Meta avesse incluso un valore legato alla pubblicità, ma ha supposto di sì, data la natura del business. Ha inoltre riconosciuto che WhatsApp avrebbe continuato a sviluppare nuove funzionalità se non fosse stata acquisita. Ha anche dichiarato di essersi opposto al lancio da parte di Facebook di una versione business di WhatsApp, ritenendo che avrebbe compromesso la crittografia end-to-end, e che tale servizio è stato introdotto solo dopo la sua uscita dall’azienda. Una parte del caso della FTC si concentra sul presunto danno ai consumatori derivante dalle acquisizioni, danno che secondo l’agenzia non sarebbe avvenuto se WhatsApp o Instagram fossero rimasti indipendenti.
Rispondendo alle domande degli avvocati di Meta, Acton ha definito l’offerta di acquisto “una valutazione equa”, tenendo conto della base utenti di WhatsApp. Ha inoltre sottolineato il successo del modello ad abbonamento in sette Paesi nel 2014 e ha dichiarato che esisteva margine per aumentare i ricavi tramite l’aumento dei prezzi. Dopo aver lasciato Meta nel 2018, Acton ha mantenuto un rapporto complesso con la sua ex azienda. Vendendo la società ha guadagnato miliardi – oggi il suo patrimonio è stimato in 4,5 miliardi di dollari secondo il Bloomberg Billionaires Index – ma ha poi manifestato rimpianti per la cessione, in particolare quando Meta ha iniziato a progettare la monetizzazione tramite la pubblicità, soluzione da lui sempre ritenuta una minaccia per la privacy degli utenti. Dopo lo scandalo Cambridge Analytica del 2018, Acton ha persino invitato pubblicamente a cancellare Facebook con l’hashtag #DeleteFacebook.
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