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Il problema

Misofonia: quando un semplice suono è in grado di scatenare rabbia e panico

Una condizione che può interessare fino al 20% della popolazione, in forme che vanno dal lieve al gravissimo

Misofonia: quando un semplice suono è in grado di scatenare rabbia e panico

Non è solo un fastidio passeggero: per molti, il semplice suono della masticazione, della respirazione o del ticchettio delle dita può scatenare una reazione emotiva intensa e incontrollabile, fatta di rabbia, ansia e perfino panico. Questo disturbo, ancora poco conosciuto, ha un nome preciso: misofonia, che significa letteralmente “odio per il suono”. Le persone che ne soffrono descrivono l’esperienza come qualcosa di profondamente disturbante, capace di interferire pesantemente nella vita quotidiana e nei rapporti interpersonali.

Pur non essendo ancora ufficialmente riconosciuta nei principali manuali diagnostici, la misofonia sta attirando sempre più l’attenzione della comunità scientifica. Studi pubblicati su riviste autorevoli come Current Biology rivelano come nei soggetti colpiti si attivi in modo anomalo l’amigdala, l’area cerebrale deputata alla gestione delle emozioni, al solo sentire i cosiddetti suoni “trigger”. Questa reazione amplificata spiega l’intensità delle risposte emotive che vanno ben oltre il semplice fastidio o irritazione.

Una condizione che può interessare fino al 20% della popolazione, in forme che vanno dal lieve al gravissimo. Chi soffre di misofonia sviluppa spesso meccanismi di difesa per evitare il contatto con i suoni che scatenano la reazione: dall’uso costante di cuffie all’isolamento sociale, fino alla rottura di rapporti personali. Per molti, questa condizione rappresenta una vera barriera sociale, che limita le occasioni di convivialità e la capacità di vivere in ambienti rumorosi come uffici, mezzi pubblici o ristoranti.

Non si tratta di un capriccio o di una semplice intolleranza, ma di una risposta neurologica automatica e reale, che oggi trova sempre maggiore riconoscimento e attenzione nel mondo della medicina e della psicologia. I progressi nella ricerca stanno aiutando a comprendere meglio questo fenomeno e a sviluppare strategie terapeutiche per migliorare la qualità della vita di chi ne è affetto, offrendo così una speranza concreta a chi da anni convive con questo disturbo spesso frainteso.

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