Le superchicche del pop sbarcano a Barcellona al Primavera Sound, riscrivendo (di poco) le regole del festival
Primavera Sound 2025: il festival che ha consacrato il pop al potere, ripensando il futuro musicale con le nuove regine Charli XCX, Sabrina Carpenter e Chappell Roan sul trono
Il Primavera Sound, una volta considerato il tempio sacro del rock alternativo, ha voltato pagina. Le sue icone spettinate, simbolo di un’epoca in cui il festival era rifugio per puristi del genere e appassionati dell’indie più ruvido, hanno lasciato spazio a una nuova triade di protagoniste: Charli XCX, Sabrina Carpenter e Chappell Roan. Tre donne, tre artiste, tre visioni del pop che non chiedono permesso ma si prendono tutto: il palco, il pubblico, l’attenzione dei media internazionali. Una vera e propria rivoluzione – musicale, culturale, politica.
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Non è un caso se gli organizzatori le hanno immortalate in un gigantesco totem come Lolly, Dolly e Molly, le Superchicche della serie animata cult. Perché di potere si tratta: potere femminile, queer, liberatorio. Prima Charli (giovedì), poi Sabrina (venerdì), infine Chappell (sabato) – una dietro l’altra, senza sbavature e senza cedimenti. Tre show sold-out e tre identità che, pur diversissime tra loro, si sono imposte come il volto nuovo di un pop finalmente sfrontato, consapevole, non omologato.
Il Primavera Sound 2025 non è stato solo un evento musicale. È stato una dichiarazione. Dall’accoglienza entusiasta del pubblico (quasi 300 mila spettatori in tre giorni) alla narrazione social e giornalistica che si è concentrata esclusivamente sulle tre headliner femminili, il messaggio è stato chiaro: il pop oggi è il nuovo rock, e le sue nuove eroine sono qui per restare.
Certo, c’erano anche gli Idles, i Fontaines D.C., gli LCD Soundsystem, le Haim. Ma chi ha davvero segnato questa edizione sono state loro. E il fatto che, per una volta, l’attenzione non fosse su chitarre distorte e frontman tormentati, ma su performance glamour, ballabili, consapevolmente virali, dice molto di come sta cambiando il gusto musicale e culturale collettivo.
Charli XCX, pioniera del suono brat-pop e vera madrina di una generazione che ama mischiare club culture e ansie esistenziali, ha riportato sul palco quel mix di energia e provocazione che già l’anno scorso aveva fatto scuola proprio al Primavera. Stavolta lo ha fatto in compagnia di Troye Sivan, portando live la loro collaborazione e dando il via al concetto di “Sacra Trinità del Pop”.
Sabrina Carpenter, l’angelo biondo che ha stregato le chart mondiali con Espresso e Please Please Please, ha dato una lezione di come il pop possa essere insieme colto, ironico, sensuale e incredibilmente attuale. Un set tra TikTok e Broadway, ma mai costruito a tavolino: al contrario, radicato in un’identità fortissima.
Infine Chappell Roan, autentica rivelazione dell’anno, ha chiuso la tre giorni con uno show queer, glam, teatrale e intimo. La sua missione – rappresentare le ragazze che si sentono diverse, che crescono con sogni contrastati e voglia di libertà – ha trovato qui il suo palcoscenico ideale. È salita sul palco da outsider e ne è scesa da icona.
Se nel 2019 il Primavera aveva già acceso i riflettori su headliner femminili come Miley Cyrus, Rosalía e Janelle Monáe, oggi quella scelta non è più una “scommessa”, ma un fatto compiuto. Il futuro – e il presente – dei grandi eventi musicali passa dalle donne, dalle loro storie, dalle loro voci. E soprattutto, dalla loro capacità di ridefinire i confini del pop, portandolo al centro della scena anche in contesti storicamente ostili al mainstream.
«È una fotografia da conservare», hanno dichiarato gli organizzatori, e hanno ragione. Perché se il Primavera Sound vuole essere, come ha sempre dichiarato, lo specchio del tempo in cui vive, allora non poteva esserci riflesso più nitido e potente di quello offerto da Charli, Sabrina e Chappell. La rivoluzione non è un evento isolato. È solo l’inizio.
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