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La decisione
10 Giugno 2025 - 10:35
OpenAI dovrà conservare tutte le chat degli utenti, incluse quelle eliminate, senza limiti di tempo. Lo stabilisce un’ordinanza emessa il 13 maggio dal giudice distrettuale di New York, resa pubblica solo ora. La decisione, destinata a far discutere, è il risultato di una causa intentata dal New York Times e altri querelanti, che accusano la startup di aver usato contenuti coperti da paywall per addestrare ChatGPT.
Secondo l'accusa, l’intelligenza artificiale di OpenAI sarebbe in grado di generare risposte che rivelano contenuti a pagamento, aggirando le barriere dei siti di notizie. Per questo motivo, il tribunale ha imposto la conservazione di tutte le conversazioni – sia degli utenti gratuiti sia di quelli abbonati – affinché possano essere eventualmente usate come prove.
La posizione dell’azienda è netta. In una nota ufficiale, OpenAI contesta l’ordinanza e avverte: “Stiamo rispettando la legge, ma la richiesta del New York Times va contro i nostri standard sulla privacy”. Il direttore operativo Brad Lightcap rincara: “È una misura inutile e pericolosa, che contrasta con i nostri impegni sulla riservatezza e rischia di erodere la fiducia degli utenti. Continueremo a ricorrere in appello”.
Ad oggi, OpenAI dichiara di rimuovere i dati personali dai propri sistemi entro 30 giorni. Ma la nuova disposizione giudiziaria potrebbe obbligare a modificare anche questo protocollo, con effetti potenzialmente estesi all’Unione Europea, dove vigono normative stringenti come il GDPR.
Il provvedimento riguarda tutti gli utenti di ChatGPT, inclusi quelli delle versioni Free, Plus e Pro, nonché gli sviluppatori che accedono via API. Esclusi solo i clienti delle versioni ChatGPT Enterprise ed Edu, per cui valgono accordi contrattuali differenti.
La battaglia legale, che si annuncia lunga e complessa, potrebbe riscrivere il rapporto tra IA e diritti d’autore, ma anche quello – forse più delicato – tra IA e privacy.
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