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12 Giugno 2025 - 17:20
Quando il capitano ghanese Turawa Hakeem ha issato a bordo del suo peschereccio uno squalo leuca di due metri, al largo di Lagos, in Nigeria, non poteva immaginare che stava per diventare parte di un evento scientifico straordinario. Lo squalo catturato era infatti il primo della sua specie a essere documentato mentre attraversava due oceani, percorrendo un viaggio di oltre 7.000 chilometri, il più lungo mai registrato per gli squali leuca.
Partita dal Canale di Mozambico, la femmina di squalo ha costeggiato la punta meridionale dell’Africa, attraversato l’Oceano Atlantico e raggiunto le acque della Nigeria. Un’impresa che ha lasciato increduli persino i ricercatori: "Ho pensato che fosse una truffa", ha ammesso Ryan Daly, ecologo marino dell’Oceanographic Research Institute (ORI) che aveva marcato l’animale nel 2021 con un trasmettitore acustico.
Lo squalo è stato rilevato 567 volte lungo la costa orientale africana prima di scomparire nel marzo 2022. La sua ricomparsa, un anno dopo, è avvenuta tra i banchi del mercato del pesce di Lagos. Solo grazie al trasmettitore rinvenuto da Hakeem è stato possibile ricostruirne il viaggio epico.
Fino ad oggi si pensava che gli squali leuca, noti per vivere in acque costiere e tropicali, non fossero in grado di affrontare simili spostamenti oceanici. Il loro habitat ideale è costituito da acque poco profonde e calde, sopra i 18 °C, spesso dove si incontrano fiumi e mare. Ma per compiere questa traversata, lo squalo ha dovuto superare un ostacolo temibile: la corrente fredda del Benguela, un’enorme risalita di acque profonde e gelide che da 55.000 anni separa le popolazioni di squali leuca dell’Oceano Indiano da quelle dell’Atlantico.
Secondo Daly, lo squalo potrebbe aver aggirato questa barriera nuotando oltre i 150 km dalla costa o sfruttando sacche temporanee di acqua calda create da un evento Niño del Benguela, fenomeno simile all’El Niño nel Pacifico. Tali eventi alterano la temperatura delle acque e possono avere effetti drammatici sulla biodiversità marina, spingendo specie fuori dal loro areale abituale.
Con il riscaldamento globale, barriere naturali che per millenni hanno modellato la distribuzione delle specie marine stanno cedendo. "Il cambiamento climatico sta riscrivendo la mappa biologica degli oceani", spiega Daly. "Specie tropicali iniziano a colonizzare nuove aree, mentre altre rimangono intrappolate in zone divenute inospitali".
Il rischio, però, è duplice. Da un lato, queste migrazioni possono rafforzare la diversità genetica e offrire nuove opportunità ecologiche. Dall’altro, eventi estremi legati al cambiamento climatico possono essere letali. Nel 2021, ad esempio, un’ondata di risalita fredda in Sudafrica ha ucciso esemplari di 81 specie marine, inclusi numerosi squali.
Gli scienziati ipotizzano che la protagonista di questo viaggio fosse una femmina ancora immatura, forse in fase esplorativa, in cerca di un futuro habitat riproduttivo. Ma la sua storia si è interrotta nel modo più comune: uccisa accidentalmente durante una battuta di pesca mirata a cernie e dentici.
"È come se avesse avuto un biglietto di sola andata", commenta Daly. Lo squalo non trasmetterà i suoi geni, come la maggior parte dei milioni di esemplari uccisi ogni anno, spesso non intenzionalmente. Secondo le stime, il numero di squali è crollato del 90% dagli anni Settanta, principalmente a causa della pesca eccessiva, e in alcune regioni africane la carne di squalo è ormai una risorsa alimentare fondamentale.
Il ritrovamento di questo squalo da parte di Hakeem dimostra che i pescatori artigianali possono diventare preziosi alleati della scienza. "Hanno dottorati di ricerca sul mare", afferma la biologa Rachel Graham, direttrice di MarAlliance. Conoscenze empiriche come la sua potrebbero aiutare i ricercatori a monitorare altre possibili migrazioni transoceaniche. Per Daly, la lezione è chiara: "Dobbiamo adattarci per sopravvivere in un mondo che cambia. L’intelligenza degli squali è nel movimento. La nostra deve essere nella comprensione e nella protezione".
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