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Esiste la privacy? Meta AI rivela (in tutti i sensi) il futuro delle informazioni personali rilasciate alle chatbot

Da chi chiede consulenze mediche a chi rivela il proprio indirizzo di casa. Ecco i rischi legati ai dati personali riportati nelle chatbot e come evitare la loro diffusione

Esiste la privacy? Meta AI ridisegna (e rivela) il futuro delle informazioni personali rilasciate alle chatbot

Meta AI

Il mondo dell'intelligenza artificiale è in grande espansione e, con esso, aumentano anche i dubbi sulle sue regolamentazioni. Tanto si è discusso su privacy e segretezza delle informazioni rivelate alle chatbot, ma pare aleggiare ancora poca consapevolezza tra gli utenti di internet su quale sia la realtà di ciò che si rivela.

Tra i casi che hanno fatto più scalpore, figura una conversazione avvenuta tra un uomo statunitense e Meta AI, che riportava quale quesito originario: “Quali sono i paesi in cui alle giovani donne piacciono gli uomini bianchi più anziani?”. Dopo di ché, la trama si intesse di dati personali: Mi servono i dettagli, ho 66 anni e sono single. Sono dell'Iowa e sono disposto a trasferirmi in un altro paese se riuscissi a trovare una donna più giovane”. La risposta della chatbot non tarda ad arrivare, suggerendo Paesi come Spagna e Italia o Paesi dell'Europa orientale.

Il caso sembra non essere isolato, tanto da raccogliere - a partire dal lancio della piattaforma che unisce IA e social network - molte testimonianze di informazioni rese pubbliche sul web, nella cosiddetta scheda Discover. Se consigli su viaggi e ricette culinarie spopolano, figurano anche molti indirizzi privati, numeri di telefono e luoghi di lavoro. Da chi sceglie di documentarsi sulla propria salute mentale, a chi chiede alla chatbot di creare dichiarazioni per il tribunale, la privacy sembra essere un tema di ultima importanza.

Ai fatti citati, Calli Schroeder, consulente senior dell'Electronic privacy information center, parla di una situazione preoccupante poiché gli utenti si dimostrano inconsapevoli sull'uso dell'IA. La prerogativa per la pubblicazione di tali informazioni si sviluppa da un consenso fornito dagli user stessi, che scelgono di condividerle - si presuppone inconsciamente - e di renderle visibili al pubblico. Tutto ciò che viene riportato nelle chatbot, dunque, dev'essere pensato e ponderato, dal momento che niente di quello che viene scritto potrà mai avere la presunzione di rimanere del tutto riservato. "Le persone non capiscono che nulla di quello che viene inserito in un'intelligenza artificiale è riservato – dichiara Schroeder –. Nessuno di noi sa davvero come vengono utilizzate tutte queste informazioni. L'unica cosa certa è che non rimangono tra voi e l'applicazione. Finiscono ad altre persone; come minimo finiscono a Meta".

La questione della privacy rimane così un tema caldo, a cui neanche i creatori delle piattaforme sanno dare risposte dirette e coincise.

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