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16 Giugno 2025 - 13:20
Con un urlo che è insieme invettiva, invito e dichiarazione d’intenti – «We have to fight back the fascism!» – Billie Joe Armstrong trasforma il concerto dei Green Day a Firenze Rocks in un manifesto politico e generazionale. L’ultima serata del festival non è solo un’esplosione di punk-rock ad alto volume, ma diventa teatro di un messaggio chiaro: non è tempo di restare in silenzio.
Dal palco della Visarno Arena, davanti a una folla che sfiora il sold out, la band californiana mescola hit intergenerazionali a dichiarazioni senza mezzi termini. “Siamo ancora vivi”, dice Billie Joe in italiano. Ma è nel grido contro il fascismo, lanciato dopo una Holiday infuocata con “NO WAR” sullo schermo, che la musica diventa atto politico. Il pubblico risponde con un boato che spazza via ogni residuo di nostalgia: questo non è solo un revival.
La scaletta pesca a piene mani da American Idiot – l’album del 2004 che, come allora contro l’America di George W. Bush, oggi si riaccende contro la propaganda autoritaria di Trump, citato direttamente in un verso modificato. Ma la battaglia, sembra dire Armstrong, non è solo americana.
Con “Musica bella è la lingua di Dio”, detto in un italiano incerto ma sentito, il frontman lega l’estetica alla lotta. I Green Day, ormai veterani della scena internazionale, non si limitano a suonare: mobilitano. Il concerto diventa così un esercizio di memoria, e di allerta. In un’Europa dove le parole “fascismo” e “intolleranza” sono tornate a popolare dibattiti e piazze, la voce di Billie Joe si inserisce come detonatore.
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Sorprende – e forse consola – vedere una platea così giovane cantare in coro Basket Case o When I Come Around. È la conferma che, a distanza di trent’anni da Dookie, il messaggio punk-pop dei Green Day ha ancora risonanza. Ma è l’elemento politico a rendere questa data memorabile. In un’epoca in cui molti artisti scelgono la neutralità per non scontentare nessuno, Billie Joe, Tré Cool e Mike Dirnt scelgono di esporsi, di gridare.
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