Salti da aerei in volo, acrobazie senza controfigura e una fedeltà incrollabile all’esperienza cinematografica in sala: Tom Cruise, 63 anni a luglio, riceverà un Oscar onorario. L’Academy ha deciso di omaggiare l’attore americano per il suo “incredibile impegno per la comunità cinematografica”, sottolineando il contributo all’arte dello stunt, alla spettacolarità dell’esperienza visiva e alla tenacia con cui, per oltre quarant’anni, ha sostenuto il cinema sul grande schermo.
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Un premio alla carriera, più che a un ruolo specifico, che lo affianca ad altri miti hollywoodiani celebrati per la versatilità piuttosto che per un singolo traguardo, come accadde nel 1952 con Gene Kelly.
Nel corso della sua carriera, Cruise ha collezionato quattro candidature agli Oscar. Due da protagonista, per Nato il quattro luglio (1989) e Jerry Maguire (1996); una da non protagonista in Magnolia (1999), e una da co-produttore per Top Gun: Maverick (2022). Nessuna di queste è stata premiata, rendendo l’Oscar alla carriera una sorta di suggello definitivo, ma anche un possibile punto di chiusura nel dialogo con il premio maggiore.
Con un curriculum che attraversa quarant’anni di storia del cinema, Cruise ha saputo coniugare blockbuster di successo mondiale – da Top Gun a Mission: Impossible, passando per Rain Man – con incursioni nel cinema d’autore. Ha lavorato con Stanley Kubrick (Eyes Wide Shut), Steven Spielberg (Minority Report), Sydney Pollack, Neil Jordan e Paul Thomas Anderson, dimostrando una presenza costante e solida anche fuori dal contesto dell’action.
Il rischio, oggi, è che l’Oscar onorario cristallizzi l’immagine di Cruise nell’icona spericolata che sfida la morte sul set, come fece Fred Astaire per la danza o Jackie Chan per le arti marziali. Ma dietro i salti sull’ala di un biplano e le corse sul vuoto, rimane un attore capace di interpretazioni intense e di una carriera senza compromessi, sospesa tra il rigore del professionista e l’istinto dello showman.