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Freeda chiude dopo quasi dieci anni

Depositata l’istanza di liquidazione volontaria per la media company fondata da Ag Digital Media. Dietro la fine del progetto, problemi finanziari e critiche sul modello comunicativo.

Freeda chiude dopo quasi dieci anni

Freeda chiude dopo quasi dieci anni

Dopo quasi dieci anni di attività, Freeda chiude i battenti. Lunedì 16 giugno, Ag Digital Media, società madre che aveva fondato e sviluppato la piattaforma, ha depositato l’istanza di liquidazione volontaria.

A segnare la fine di un’epoca è anche un dettaglio simbolico: la pagina internet ufficiale di Freeda non è più attiva. Chi prova ad accedervi oggi si trova davanti a un sito vuoto o non raggiungibile, segnale evidente della chiusura ormai definitiva.

Sito di Freeda

Nata come media company milanese, Freeda ha avuto tra i suoi soci nomi noti come Ginevra Elkann, Remo Ruffini e Luigi Berlusconi. L’azienda ha vissuto una parabola fatta di successi e difficoltà, muovendosi inizialmente nel settore dell’advertising digitale, un mercato profondamente trasformato negli ultimi anni e sempre più dominato dai colossi internazionali della tecnologia.

Nel tentativo di diversificare e reagire al calo di competitività, era nata la business unit Marketing Digital Services, con risultati positivi: tra il 2021 e il 2024, la Freeda Platform ha generato oltre 20 milioni di euro di ricavi, a fronte di circa 6 milioni provenienti dal digitale classico. Tuttavia, nel 2024, la perdita di due o tre contratti strategici ha provocato un taglio del 30% del fatturato, compromettendo l’equilibrio finanziario del gruppo.

Le successive trattative per la vendita del ramo media – e poi anche della piattaforma tecnologica – non sono andate a buon fine. Nei primi mesi del 2025 è stata avviata la composizione negoziata della crisi, ma il tempo si è rivelato insufficiente. Da qui la decisione di chiudere.

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Oltre alle difficoltà economiche, Freeda ha affrontato critiche ricorrenti da parte di creator digitali, blogger e attivistə, che hanno più volte accusato il progetto di trasformare tematiche femministe in strumenti di marketing, banalizzando contenuti importanti e riducendoli a slogan da social.

Nonostante le polemiche, Freeda ha rappresentato un esperimento ambizioso di comunicazione digitale, capace – nel bene o nel male – di lasciare un segno nel panorama italiano.

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