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Il mistero

Il segreto nel dente dell’"Uomo Drago": il fossile cinese riapre il caso Denisova

Il DNA mitocondriale suggerisce che questi ominidi si siano diffusi dalla Siberia alla Cina nord-orientale

Il segreto nel dente dell’Uomo Drago: il fossile cinese riapre il caso Denisova

Foto di repertorio

L’Uomo Drago, il misterioso ominide del Pleistocene medio scoperto nel 2018 in Cina e presentato come il primo esemplare di una nuova specie umana, non era un Homo longi. A rivelarlo, ora, è il DNA estratto dal suo tartaro dentale, che lo colloca inequivocabilmente tra i Denisova, un gruppo umano arcaico imparentato con i Neanderthal e ancora in gran parte avvolto nel mistero.

La scoperta arriva da un team internazionale guidato dalla genetista Fu Qiaomei e dal paleoantropologo Qiang Ji, pubblicata sulla rivista Science. Gli studiosi hanno sviluppato nuove tecniche per estrarre proteine antiche dal tartaro e hanno perfezionato gli algoritmi bioinformatici per identificare la firma genetica del cranio di Harbin, risalente ad almeno 146.000 anni fa. I risultati parlano chiaro: tre delle proteine analizzate sono varianti uniche dei Denisova, riconducibili alla linea genetica più antica nota come Denisova 3.

Il cranio di Harbin, rinvenuto nella provincia nord-orientale dell’Heilongjiang, era stato inizialmente indicato come appartenente a una nuova specie, l’Homo longi, nome ispirato al “Fiume del Drago” che attraversa la regione. Ma la nuova analisi ribalta la classificazione e riscopre l’Uomo Drago come parte dell’enigmatica famiglia denisoviana, una popolazione umana arcaica di cui si conoscono ancora pochissimi esemplari.

Il DNA mitocondriale suggerisce che questi ominidi si siano diffusi dalla Siberia alla Cina nord-orientale, ampliando così la geografia nota dei Denisova. Per i ricercatori, si tratta di un passo fondamentale: il tartaro dentale si conferma una miniera di DNA antico, aprendo nuove prospettive per la paleogenetica.

Non tutti, però, sono convinti. Il professor Xijun Ni, che nel 2021 aveva promosso il riconoscimento dell’Homo longi, esprime riserve sulla solidità della nuova classificazione. “Serve un campione più ampio di proteine antiche – afferma – e non si può escludere la contaminazione del DNA a causa della manipolazione del reperto da parte di collezionisti e tecnici”. Il cranio di Harbin, infatti, fu donato solo nel 2018 al Museo dell’Hebei GEO University, dopo un lungo periodo in mani private e una storia di ritrovamento piena di zone d’ombra.

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