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Lo studio

Scoperto un tumore in un fossile di dinosauro che potrebbe rivoluzionare l’oncologia

Scoperto nel 1994 sulle sponde del fiume Sibisel, in Romania, è stato oggetto di un’indagine decennale

Scoperto un tumore in un fossile di dinosauro che potrebbe rivoluzionare l’oncologia

Un tumore vecchio di 70 milioni di anni potrebbe offrire nuove armi contro il cancro umano. A dirlo è un gruppo di ricercatori britannici che, analizzando i resti fossili di un Telmatosaurus transsylvanicus, dinosauro erbivoro del Cretaceo rinvenuto in Romania, ha individuato tracce di proteine e strutture simili a globuli rossi all’interno di un tumore benigno alla mascella, un ameloblastoma. Un indizio che apre prospettive inedite nella lotta contro le patologie oncologiche.

Scoperto nel 1994 sulle sponde del fiume Sibisel, nell’antica isola di Hațeg, il Telmatosaurus – soprannominato “lucertola di palude” – è stato oggetto di un’indagine decennale guidata dall’Anglia Ruskin University e dall’Imperial College di Londra, in collaborazione con paleontologi romeni e oncologi specializzati in tumori umani.

L’eccezionale conservazione del fossile ha permesso agli studiosi di utilizzare tecniche paleoproteomiche avanzate, svelando la presenza di componenti cellulari mai osservati con tale dettaglio in un esemplare preistorico. “L’identificazione di queste proteine – spiegano i ricercatori – apre la possibilità di ricostruire i meccanismi evolutivi del cancro, verificando se i dinosauri possedessero mutazioni genetiche o sistemi oncosoppressori simili a quelli odierni”.

La mascella del Telmatosaurus diventa così una finestra sul passato e, al tempo stesso, un ponte verso il futuro della medicina. La stabilità delle proteine fossili le rende perfette per lo studio di patologie complesse, spesso legate a mutazioni molecolari profonde. In particolare, la lesione dell’ameloblastoma analizzata nel dinosauro potrebbe fornire indizi utili per lo studio della malattia negli esseri umani, dove è tutt’oggi considerata rara ma clinicamente rilevante.

“La nostra speranza – afferma il professor Justin Stebbing, coordinatore dello studio – è che la comprensione dell’origine evolutiva del cancro possa contribuire allo sviluppo di terapie più mirate e durature. Per questo è fondamentale preservare i fossili come risorsa scientifica strategica per le generazioni future”.

Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Biology e rappresenta uno dei primi tentativi concreti di coniugare paleontologia, biologia molecolare e oncologia in un’unica linea di ricerca.

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