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La scoperta

Chi ha inventato la ruota? Il mistero (quasi) risolto con una simulazione al computer

Una ricerca americana suggerisce che l’invenzione possa essere nata nei Carpazi, per merito dei minatori della cultura Boleraz

Chi ha inventato la ruota? Il mistero (quasi) risolto con una simulazione al computer

Chi ha inventato la ruota? La domanda è tra le più affascinanti e irrisolte della storia dell’umanità. Per quanto sembri una scoperta cruciale e universale, i dati certi sono pochi: non conosciamo l'inventore, né il luogo esatto, né il momento storico preciso in cui la ruota è comparsa per la prima volta. Ora però, grazie a una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Royal Society Open Science, tre studiosi americani – due ingegneri e uno storico – propongono una risposta sorprendente.

È noto che molte civiltà antiche utilizzavano la ruota già millenni prima di Cristo. Tuttavia, culture come quelle mesoamericane non ne hanno mai adottato l’uso in modo diffuso, probabilmente per l’assenza di animali da traino. Gli antichi egizi, ritenuti inventori della ruota a raggi, iniziarono a usare carri e veicoli intorno al 2000 a.C., ma quando costruivano le piramidi – cinquecento anni prima – ne erano ancora sprovvisti.

Gli archeologi hanno individuato indizi significativi nell’Europa dell’Est, in particolare sui Monti Carpazi. Qui sono stati ritrovati carrelli in miniatura con ruote, risalenti al 4000 a.C., probabilmente usati come boccali ma modellati su strumenti reali. Gli oggetti sono attribuiti alla cultura Boleraz, attiva in quella zona e con forti legami con l’estrazione del rame.

La forma delle ruote riprodotte richiama quella nota come sala montata, cioè due ruote fisse su un asse, tipica dei mezzi ferroviari moderni. Gli studiosi ipotizzano che questi carrelli siano un’evoluzione diretta dei rulli di legno usati per trasportare carichi pesanti, in un’epoca in cui i carri a ruote ancora non esistevano.

Non tutti però condividono questa teoria. I rulli presentano limiti evidenti: devono essere riposizionati continuamente, funzionano solo su terreni piani e non possono affrontare curve. Carenze che rendono poco credibile la loro diffusione su larga scala come base per la ruota.

Per verificare l’ipotesi, i ricercatori hanno realizzato una simulazione al computer, partendo da un cesto su rulli e seguendone l’evoluzione verso strutture sempre più efficienti secondo il principio del guadagno meccanico: ogni miglioramento doveva aumentare l’efficacia nel trasformare la forza in movimento.

Il risultato della simulazione? Una struttura identica a quella delle ruote ritrovate nei modellini della cultura Boleraz. Secondo gli autori, i minatori dei Carpazi potrebbero aver migliorato progressivamente i propri carrelli, forse notando che la frizione scavava i rulli fino a dar loro una forma più funzionale, o magari alzando volontariamente le estremità per evitare ostacoli.

In ogni caso, il processo evolutivo porterebbe inevitabilmente a due coppie di ruote fissate a un asse. Che siano stati davvero i minatori carpatici a inventarla? È impossibile dirlo con certezza. Ma tra prove archeologiche e simulazioni digitali, l’ipotesi appare oggi più solida che mai.

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