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TECNOLOGIA
16 Agosto 2025 - 16:31
Nel pieno della corsa verso servizi pubblici online, intelligenza artificiale e scuola digitale, l’indagine rivela che una fetta consistente della popolazione – soprattutto anziani, residenti nelle aree rurali e famiglie a basso reddito – vive ancora ai margini della rete. Un digital divide che convive con un fenomeno opposto: bambini connessi sempre più presto, spesso senza strumenti critici adeguati.
Il dossier fotografa un Paese che procede a due velocità. Da un lato, cresce l’offerta di tecnologie digitali, si espande la banda ultralarga e l’amministrazione pubblica sposta online sanità, scuola, certificati e servizi fiscali. Dall’altro, permangono differenze geografiche, economiche e culturali che impediscono a un italiano su otto di accedere stabilmente a internet. Il dato più allarmante riguarda gli over 75: il 45% non possiede uno smartphone e il 58% si dichiara “mai connesso”, con inevitabili ricadute sulla possibilità di accedere a prenotazioni mediche, bonus fiscali, o semplicemente mantenere relazioni tramite canali digitali.
Sul fronte opposto, il rapporto evidenzia la situazione dei minori: l’età media di accesso allo smartphone è scesa sotto i 10 anni, con la maggior parte degli 8–13enni già attiva su app, giochi e social network. Una tendenza che, se da un lato accelera l’esposizione a soluzioni educative e autonomie tecnologiche, dall’altro presenta rischi legati a cyberbullismo, dipendenza da schermo, esposizione a contenuti inappropriati e perdita di capacità relazionali nel mondo offline. Il rapporto sottolinea che per i minori la presenza dello smartphone senza adeguate competenze critiche può alimentare nuove forme di fragilità.
Secondo Eurispes, il cuore del problema non è (più) infrastrutturale, ma culturale e formativo. L’Italia sta recuperando terreno sul piano delle reti fisiche e dei servizi digitalizzati, ma non investe in modo sufficiente sulla formazione delle competenze digitali di base. Il Piano Nazionale Scuola Digitale, pur avendo prodotto innovazioni nelle aule, non basta a coprire il fabbisogno, soprattutto nelle regioni del Sud e nei contesti rurali. Inoltre, la formazione di adulti e anziani è spesso lasciata all’iniziativa spontanea di associazioni o Comuni, risultando discontinua e frammentata.
Il rapporto dedica ampio spazio ai programmi di educazione intergenerazionale, considerati una possibile risposta concreta. Iniziative sperimentate in alcune città – come laboratori congiunti scuola–centro anziani o sportelli digitali nei quartieri – hanno dimostrato che il mentoring tra giovani e over 60 può ridurre il divario, offrendo agli anziani competenze base e ai ragazzi una maggiore consapevolezza dei rischi e delle potenzialità della tecnologia. I risultati, ancora limitati territorialmente, mostrano miglioramenti significativi nella capacità degli anziani di accedere ai servizi essenziali e, parallelamente, nello sviluppo di responsabilità digitale nei più giovani.
A livello europeo, Svezia, Danimarca e Germania mostrano come la digitalizzazione possa diventare una politica inclusiva: corsi pubblici gratuiti per tutte le età e formazione obbligatoria lungo tutto l’arco della vita permettono a più cittadini di restare al passo con l’innovazione. Il rapporto segnala inoltre che, in Italia, la carenza di competenze digitali sta diventando un vero ostacolo occupazionale: nel 2025 il mercato del lavoro richiede abilità tecnologiche trasversali, e chi ne è privo – soprattutto nei contesti più fragili – rischia di essere escluso sia dalle nuove opportunità che dalla permanenza nelle professioni tradizionali.
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