Cerca

sport in spiaggia

Il calcio d’estate si gioca sulla sabbia: regole mobili e riti condivisi

Il pallone è sempre il protagonista dell'estate italiana

Il calcio d’estate si gioca sulla sabbia: regole mobili e riti condivisi

D’estate, nelle spiagge, il pallone si trasforma in strumento di socialità e sfida tecnica, rito quotidiano. Le regole sono mobili come la sabbia sotto i piedi: si gioca in due, in venti, con porte di secchielli, remi o montagnole di sabbia, e quando qualcuno urla “palla!” c’è sempre qualcuno che corre, senza bisogno di divise o convocazioni. Il calcio in spiaggia, nella sua forma più libera, non ha numeri certi. Solo il beach soccer – l’unica sua versione agonistica riconosciuta – conta circa 500 tesserati in Italia. Ma la vera squadra è quello invisibile, composta da migliaia di giocatori improvvisati, che ogni estate affollano battigie e campi improvvisati
Ogni spiaggia ha le sue regole, tramandate come leggende orali. Su spiagge libere e stabilimenti, il calcio in spiaggia è perlopiù tollerato, salvo divieti specifici imposti da comuni o capitanerie. Sulla battigia si gioca più facilmente palla a terra, sulla sabbia asciutta invece dominano confusione e colpi spettacolari: rovesciate, tiri a effetto, stop improbabili con il petto.

A volte si gioca per tenerla alta, altre per segnare. Tra i giochi più popolari c’è la “tedesca”, conosciuta anche come “11”, “21”, “giocolone”, “al volo”. Si gioca con una sola porta e tutti contro tutti: si segna solo di prima intenzione, rigorosamente al volo, e ogni giocatore ha un proprio punteggio. Il portiere cambia in base all’esito del tiro, e il sistema di punteggio varia: gol di piede vale 1, di testa 2, di rovesciata anche 5 o 7. La regola non scritta più temuta? Il gol di spalla – o “spalletta” – che può azzerare il punteggio in un colpo solo. E poi c’è il mundialito, versione estrema e infantile del calcio da spiaggia: una sola porta, tanti giocatori, chi segna esce, chi resta ultimo viene eliminato. Un gioco che può durare ore, tra strategie furbe e regole inventate sul momento per rendere la partita “più giusta”.

Non mancano le evoluzioni moderne: il footvolley, nato a Rio e lanciato in Italia dalla Bobo Summer Cup di Christian Vieri, fonde calcio e pallavolo, con reti alte e tocchi eleganti. Il teqball, invece, è un ping pong giocato coi piedi su un tavolo curvo: è nato in Ungheria, ma si gioca ormai ovunque, anche con semplici tavolini da bar, e spesso viene chiamato testapong. C’è pure il calciotennis, da fare con o senza rete, sulla battigia o più indietro, quando si vuole un minimo di struttura in più.
E poi ci sono i tiri in acqua. Un portiere dentro il mare, i tiratori a riva, e la porta che non esiste se non nell’immaginazione collettiva. Le onde sono raccattapalle, il portiere nuota a riprendere il pallone, i tiri sono lenti ma fantasiosi: a giro, a rimbalzo sull’acqua, o schiacciati come nel tennis. È il gioco meno competitivo ma forse il più estivo, il più intimo. Ci si bagna, si ride, si sbaglia.

Nel mare di regole flessibili e gesti acrobatici, il calcio in spiaggia resta soprattutto un modo per stare insieme. Un rito estivo che non conosce età, un’arena dove si sfidano tecnica e sudore, amicizia e competizione, in partite che spesso non hanno un inizio chiaro né una vera fine. E dove anche Neymar e Gattuso hanno mosso i primi passi, uno sulle spiagge brasiliane di Praia Grande, l’altro su quelle calabresi di Schiavonea.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.