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Gioco d’azzardo, perché gli italiani non riescono a smettere e giocano sempre di più

Cifre record e trappole psicologiche dietro una dipendenza in pericolosa crescita

Gioco d’azzardo, perché gli italiani non riescono a smettere e giocano sempre di più

In Italia il gioco d’azzardo non è più solo un passatempo: sta diventando un fenomeno sociale dalle dimensioni preoccupanti. Nel 2023 gli italiani hanno speso 148 miliardi di euro in scommesse, slot machine, gratta e vinci e lotterie, in aumento rispetto ai 136 miliardi del 2022. E le proiezioni indicano che entro la fine del 2025 la cifra potrebbe toccare i 160 miliardi. Dietro questo boom non si nasconde soltanto una fascia di popolazione particolarmente appassionata, ma un sistema organizzato e studiato per massimizzare il coinvolgimento, spesso facendo leva sulle fragilità psicologiche dell’individuo.

Il confine tra semplice divertimento e dipendenza patologica — la cosiddetta ludopatia — è sottile. Questa malattia, riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e inserita nel DSM-5, funziona come le dipendenze da sostanze: attiva i circuiti della ricompensa del cervello, rilasciando dopamina ogni volta che si registra una (anche piccola) vincita. Questo meccanismo spinge a giocare ancora e ancora, alla ricerca di quella scarica di piacere iniziale.

Con il tempo il cervello si abitua e richiede stimoli sempre maggiori, portando il giocatore a:

  • aumentare le somme puntate;

  • mentire o nascondere ai familiari l’abitudine al gioco;

  • continuare nonostante le perdite o problemi economici;

  • “inseguire” le perdite giocando sempre di più.

A rafforzare la spirale del gioco d’azzardo intervengono alcuni meccanismi mentali irrazionali (bias cognitivi), spesso inconsapevoli:

  • Fallacia del giocatore: “Dopo tante sconfitte, prima o poi devo vincere”. Falso: le probabilità restano sempre le stesse.

  • Illusione del controllo: convinzione di poter influenzare la sorte tirando una leva, premendo un bottone o scegliendo numeri “fortunati”.

  • Effetto near-miss: il “quasi successo” spinge a continuare, perché “manca poco”.

  • Bias di disponibilità: ricordiamo bene le vincite e dimentichiamo le infinite perdite, convincendoci che “tutto sommato” il gioco funzioni.

Non tutto, però, è legato alla mente del giocatore. Le aziende del settore investono milioni per costruire ambienti, slot e piattaforme online capaci di sfruttare i meccanismi psicologici più vulnerabili, come raccontano le neuroscienze.

  • Rinforzo variabile: vincite rare e imprevedibili generano più dipendenza rispetto a vincite certe.

  • Gamification: elementi da videogame (livelli, bonus, avatar) trasformano il gioco in un percorso, spingendo a “restare nel sistema”.

  • Architettura dei casinò: stanze senza finestre né orologi, luci, suoni e percorsi labirintici sono studiati per far perdere la percezione del tempo e aumentare la permanenza.

Tra i dati più allarmanti emerge la presenza crescente di giocatori sotto i 18 anni, nonostante il divieto previsto dalla legge. Segno che i controlli sono insufficienti e che l’accesso al gioco online rende ancora più complicato individuare gli abusi.

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