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03 Dicembre 2025 - 18:00
Negli ultimi anni, soprattutto nel dibattito culturale anglosassone, è tornata ciclicamente la preoccupazione per la presunta «scomparsa» degli uomini nella narrativa contemporanea. In particolare, si è discusso del ruolo degli autori maschi giovani e della rappresentazione delle trasformazioni della mascolinità nei romanzi.
Un articolo recente di Hanna Ewens, pubblicato sull’Independent, invita a leggere il fenomeno con maggiore cautela. Ewens suggerisce di spostare l’attenzione dal dibattito puramente editoriale a una prospettiva culturale e sociale più ampia, evitando facili allarmismi.
Secondo lo scrittore e book scout Tobi Coventry, non è corretto pensare che la narrativa sia oggi un terreno precluso agli uomini. Molti autori continuano infatti a pubblicare regolarmente e a esplorare la mascolinità, sia nei romanzi letterari sia nelle opere di genere, spesso in modi più innovativi rispetto agli schemi tradizionali. Anche l’avvio di progetti editoriali dedicati esclusivamente agli autori maschi, come Conduit Books, può essere interpretato più come un segnale del dibattito in corso che come risposta a una reale carenza di produzione.
Il vero cambiamento riguarda piuttosto il modo in cui la figura maschile viene rappresentata: i modelli tradizionali stanno lasciando spazio a una maggiore pluralità di voci e prospettive, come sottolinea la scrittrice Eliza Clark. I dati sui premi letterari confermano che non vi è un’esclusione strutturale degli autori uomini: le principali competizioni mostrano un equilibrio tra vincitori maschi e femmine, senza variazioni tali da parlare di una «crisi» della narrativa maschile.
Un elemento chiave evidenziato dall’Independent riguarda chi legge i libri, più che chi li scrive. Le statistiche indicano che le donne acquistano circa l’80% dei romanzi, leggendo autori maschi senza pregiudizi, mentre il comportamento opposto è meno comune. Ciò suggerisce che il nodo del fenomeno potrebbe essere la lettura maschile, non la produzione narrativa, sebbene in passato questi dati siano stati discussi e interpretati con cautela.
Molly Flatt, opinion editor di Bookseller, sottolinea che il problema non è tanto nelle scelte editoriali o nella composizione delle redazioni, quanto nella difficoltà di mantenere ragazzi e uomini come lettori abituali, in un contesto dominato da smartphone, social media e contenuti fruibili rapidamente. In questa prospettiva, la cosiddetta crisi degli scrittori maschi riflette dinamiche culturali più ampie, legate al rapporto tra mascolinità, lettura e formazione.
Ewens avverte che il rischio è ridurre il dibattito a uno scontro ideologico, oscurando la complessità del fenomeno. Più utile sembra essere comprendere come rafforzare il legame tra lettura e pubblico maschile e promuovere una pluralità di voci capace di rappresentare i cambiamenti in atto.
In definitiva, la questione non riguarda chi può raccontare storie – tutte le soggettività hanno diritto di farlo – quanto chi sceglie di leggere e come il sistema culturale supporta questo rapporto, trasformando il libro in uno spazio di formazione, confronto e immaginazione.
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