Nel 2025 i meme hanno smesso definitivamente di essere un semplice contorno ironico della realtà. Sono diventati una lente, a volte deformante, a volte sorprendentemente lucida, attraverso cui il presente si è fatto racconto. Politica, musica, televisione, eventi pubblici e piccoli incidenti quotidiani: tutto è finito online, trasformato in clip, screenshot, format, tormentone. E, soprattutto, ricontestualizzato all’infinito, fino a perdere il significato originario e acquisirne cento nuovi.
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In mezzo a questo flusso continuo ci siamo noi, utenti perennemente sospesi tra divertimento, spaesamento e una strana nostalgia preventiva. Ridiamo di cose che non capiamo del tutto, ripetiamo gesti che non significano nulla, condividiamo video che non spiegano niente ma che “funzionano”. Il 2025, più che un anno, è stato un ecosistema di meme, una lunga timeline in cui tutto è durato pochissimo ma è rimasto impressissimo.
A inaugurare e chiudere simbolicamente l’anno sono stati i Ricchi e Poveri, diventati – loro malgrado – un caso di studio sulla nascita di un meme. Prima la parolaccia sfuggita in diretta a Capodanno, rapida, inaspettata, umanissima. Poi, mesi dopo, la caduta sul palco di Domenica In. Due incidenti diversi, ma legati dallo stesso destino digitale: clip isolate, ricaricate, remixate, commentate, trasformate in metafora di qualunque cosa stesse andando storta. Presi insieme, quei video hanno raccontato più di mille analisi sociologiche: nel 2025 anche l’imprevisto è una narrazione seriale.
Se c’è però una fabbrica di meme che non conosce crisi, quella resta Sanremo. Ogni edizione continua a produrre immagini pronte per essere scomposte: Elodie avvolta in un abito argentato che diventa un burrito, Jovanotti trasformato in cioccolatino dorato, Gabry Ponte elevato a simbolo di un improbabile “sovranismo musicale”. L’Ariston non è più solo un palco, ma un generatore automatico di contenuti, dove basta uno sguardo fuori tempo o un outfit azzardato per entrare nell’eternità del feed.
Il meme dei meme del 2025, però, nasce lontano dall’Italia, durante un concerto dei Coldplay. Una kiss cam inquadra una coppia che, invece di baciarsi, tenta una fuga goffa e disperata. Non è fiction, è realtà: Andy Byron, CEO di una grande azienda tech, e la responsabile delle risorse umane finiscono involontariamente protagonisti del video più condiviso dell’anno. La clip rimbalza sui social, viene imitata sugli spalti, riprodotta per scherzo, poi torna online in nuove versioni. Un perfetto esempio di meme crossmediale, dove il confine tra vita reale e contenuto digitale semplicemente si dissolve.
A muoversi con disinvoltura in questo territorio è da sempre Donald Trump, che nel 2025 ha continuato a fornire materiale inesauribile. Espressioni, battute, silenzi, immagini ufficiali trasformate in scenette parallele. Anche i momenti più solenni, come l’incontro con Zelensky durante i funerali del Papa, diventano una partita a scacchi immaginaria. E quando entra in gioco la comunicazione social della famiglia Trump, tra giochi di parole e campagne pubblicitarie remixate, la viralità è garantita.
Neppure il Conclave è rimasto immune. L’attesa, i dettagli rubati dalle telecamere, il gabbiano sulla Basilica trasformato in mascotte, il Papa paragonato a Claudio Ranieri. Tutto diventa narrazione pop, con il sacro che convive serenamente con il format da reality show. L’elezione del Pontefice si segue come una finale, con meme che scandiscono l’attesa meglio di qualsiasi commento ufficiale.
Accanto a questo, il 2025 è stato anche l’anno dei viaggi nel tempo via Intelligenza Artificiale: utenti catapultati nella Firenze rinascimentale, Michelangelo osservato come un cantiere, il Colosseo commentato in versione umarell. La tecnologia non serve più solo a stupire, ma a giocare con l’idea stessa di passato, rendendolo un set condivisibile.
Poi arriva la Ghiblification: tutti, per qualche settimana, diventano personaggi di un film dello Studio Ghibli. Scene di vita quotidiana rilette in chiave poetica, nostalgica, disegnata. Un trend tenero, totalizzante, durato il tempo necessario a essere già superato.
Sul fronte musicale, il 2025 è stato l’anno del ritorno impossibile di Emma Marrone in vetta alle classifiche grazie a TikTok e… al calcio. L’amore non mi basta, nata come ballata sentimentale, diventa colonna sonora della nostalgia sportiva, dei campioni perduti, delle stagioni che non torneranno. Il testo resta lo stesso, ma il significato cambia: non parla più solo d’amore, parla di memoria collettiva. E funziona così bene da scalzare persino Mariah Carey a Natale.
Elodie, invece, vive l’effetto opposto: una canzone che lei stessa non ama diventa un trend virale. Strobo si trasforma in balletto di massa, poi in messaggio cifrato verso il futuro, fino a diventare una sorta di casting pubblico per il tour del 2027. Il meme non celebra il passato, ma prepara l’attesa.
Infine, il grande protagonista: l’Italian Brainrot. Tralalero Trallalà, Ballerina Cappuccina, Bombardino Crocodilo. Personaggi senza storia, senza morale, senza spiegazione. Colori saturi, musica martellante, senso zero. Poi Skibidi Boppy, che spinge il nonsense oltre ogni limite, e Six-Seven, ridotto all’osso: due parole, un gesto, fine. Qui il meme non comunica, riconosce. Non serve capire, basta esserci.
Il 2025, in questo senso, segna una svolta: dopo anni di meme che spiegavano il mondo, arrivano meme che rinunciano a farlo. È il contesto a essere il contenuto. E mentre già si parla di un ipotetico “Great Meme Reset”, di un ritorno ai format narrativi del passato, resta un sospetto: anche la nostalgia dei meme è diventata un meme.
Del resto, nel 2025, anche l’idea di smettere di ridere è virale.