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Moscato DOCG: storia, qualità e il dibattito sull’ampliamento dei confini

Dalle origini antiche alla certificazione, fino alla discussione sull'espansione della zona di produzione: il futuro del vino tra tradizione e nuove sfide

Moscato DOCG: storia, qualità e il dibattito sull’ampliamento dei confini

Il Moscato è uno dei vitigni più antichi e apprezzati al mondo, con una storia che affonda le sue origini risalgono probabilmente alla Grecia e all'Asia Minore, da dove si diffuse nell'Impero Romano, trovando terreno fertile soprattutto nelle regioni mediterranee. I Romani ne apprezzavano il profumo intenso e il gusto dolce, tanto da esportarlo nelle province più lontane, contribuendo alla sua diffusione in tutta Europa.

Oggi il Moscato è sinonimo di eccellenza enologica, con espressioni diverse a seconda delle regioni di produzione. In Italia, il Moscato d'Asti è una delle varianti più celebri.

Il riconoscimento DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) per il Moscato avviene attraverso un rigoroso processo di certificazione che garantisce la qualità e l'autenticità del vino. Questi regolamenti stabiliscono l’area di produzione, le tecniche di coltivazione, le rese per ettaro, il grado alcolico minimo e i metodi di vinificazione. Solo i produttori che rispettano questi standard possono fregiarsi del marchio DOCG sulle loro bottiglie.

E' questione delle ultime settimane il dibattito sull'ampliamento dei confini di riconoscimento del Moscato DOCG. La risposta di coldiretti non si è fatta attendere: Monica Monticone, membro di giunta di Coldiretti Piemonte con delega territoriale al settore vitivinicolo, ha spiegato che "dalla nostra base associativa non è emersa la necessità di allargare i confini". La preoccupazione principale è che una modifica di tale portata potrebbe creare un precedente difficile da gestire, aprendo la strada a richieste simili da parte di altre realtà. In un contesto dove la tradizione e l'identità territoriale sono fondamentali, l'espansione dei confini potrebbe minare la percezione di autenticità che i consumatori associano al Moscato Docg.

Cristina Brizzolari, presidente di Coldiretti Piemonte, e Bruno Rivarossa, delegato confederale, hanno evidenziato che "nell’area di produzione attualmente definita, che conta circa 10 mila ettari coltivati a Moscato in 51 comuni delle province tra Asti, Alessandria e Cuneo, ci sono ancora margini per ampliare la produttività e coltivare nuovi terreni". Questo suggerisce che, piuttosto che espandere i confini, ci si dovrebbe concentrare sull'ottimizzazione delle risorse già disponibili.

Il Moscato Docg non è solo un vino, ma un simbolo del patrimonio culturale e gastronomico italiano. In un'epoca in cui le pressioni commerciali e ideologiche sono sempre più forti, mantenere l'integrità di prodotti come il Moscato è fondamentale per garantire la loro autenticità e qualità.

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