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«Mio padre ha ucciso un angelo: non perdono il male che ha fatto»

silvana arena
«La mia mamma non doveva portarmela via. Avrei perdonato tutto a mio padre, ma questo no. Ciao mammina, adesso sei un angelo e starai al mio fianco per sempre». L’ultimo saluto alla madre, che l’ha difesa fino all’ultimo minuto della sua vita, Alessia (questo è il nome di fantasia che la figlia di Silvana Arena, ha scelto per comunicare, dalla comunità in cui vive), lo ha scritto pubblicamente, su Facebook. Il nido virtuale dove mamma Silvana si rifugiava con un doppio profilo, non visibile dal marito carnefice. E da dove comunicava con la figlia lontana, ospite di una comunità di recupero in Umbria.

La figlia per cui la pensionata di 73 anni ha lottato fino alla fine. Scontrandosi, come aveva fatto altre volte in passato, con il marito, Giovenale Aragno, accusato di «non mandare soldi a sufficienza» della figlia più fragile e di non «prendersi cura di lei». Alessia ha un passato difficile. Nella sua battaglia contro la droga mamma Silvana è sempre stata al suo fianco. Cinque settimane fa, quando era mancato il papà di Silvana Arena, la figlia aveva scritto: «Ciao nonno, grazie per avermi regalato una mamma così speciale». La risposta della madre era arrivata subito: un cuore disegnato, con la scritta “Good morning my love”.

L’ultima lite tra Silvana e il marito sarebbe nata proprio riguardo alla gestione di Alessia e alle spese della comunità. L’altra figlia, che vive nel Torinese, è stata sentita domenica mattina dai carabinieri, dopo il delitto. Ha confermato le liti pregresse tra i genitori, generate da motivi economici. Aragno avrebbe speso i soldi per sé, per collezionare bici, era l’accusa della madre, a discapito della figlia di 46 anni, che da molto tempo entrava e usciva da comunità di recupero. «Ma lui non ne parlava, per lui era una vergogna», dice una vicina.

«Silvana era una persona speciale - racconta tra le lacrime Pina - era conosciuta in tutta Venaria per la sua dolcezza. Faceva volontariato e continuava a fare la badante». « L’ho vista pochi giorni prima che morisse - ricorda l’amica - andava dal vecchietto che segue, che vive qui vicino. Le ho fatto una battuta: ma lavori ancora, a 73 anni? Ma lei era così, aiutava tutti. Aveva sempre il sorriso». «Spero che sia fatta giustizia per Silvana», conclude Pina, mentre osserva la panchina vicino alla fermata dell’undici. «Silvana viveva a pochi metri da quella panca rossa, dipinta contro la violenza sulle donne», nota Pina, che aggiunge: «Era una persona straordinaria. Lui la maltrattava. Ora che sia fatta giustizia, secondo la legge».

«Quell’uomo deve stare in galera fino alla fine dei suoi giorni», esclamano le sorelle Giuseppina e Antonietta, che vivono in zona. «Ha sconvolto tutto il quartiere, è da 40 anni che qui non accade niente di simile», dice Adriana, che risiede nella via. «Era una signora per bene, dolce, un’ambientalista come noi», ricorda un amico della Casa dei difensori della natura. Per la figlioccia Carla: «Erasempre attenta e gentile, spero che l’assassino paghi». Non si capacita del delitto Debora, del chiosco Dani e Simo: «Silvana era sempre in compagnia. Prendeva il caffé il martedì mattina, quando c’è il mercato. In questi giorni, con le amiche, chiacchierava di vacanze. Era sempre allegra. Lui invece non lo vedevo mai».
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