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Si soffoca in carcere: cinque giorni prima ci aveva già provato

gaffoglio

Incensurato, 15 giorni fa aveva rapinato due supermercati a San Salvario ed era finito in carcere il 2 agosto. Dopo avere tentato di uccidersi dopo una settimana - il suo gesto era stato interpretato come «dimostrativo» - ci ha riprovato pochi giorni dopo, nella notte tra il 14 e il 15 agosto, e questa volta ha tragicamente portato a termine il suo gesto. Si è soffocato con un sacchetto di nylon sotto alle lenzuola, probabilmente per nascondersi dalla telecamera fissa della cella.

Dopo tre settimane dalla morte di Nuammad Khan, 38enne pakistano che si è impiccato a fine luglio nella propria stanza del padiglione C, dove era ristretto in attesa del processo a suo carico, un altro giovane detenuto si è tolto la vita. Alessandro Gaffoglio, italiano di origini brasiliane (era stato adottato ad otto anni da una coppia di torinesi) si è ucciso di notte, nella cella in cui era da solo. Il sacchetto di plastica gli sarebbe stato dato insieme ai suoi effetti personali.

Il pm Valerio Longi ha aperto un’inchiesta sulla morte del detenuto. Per ora non ci sono indagati. Si valuteranno tutte le circostanze, a partire dal perché, a un soggetto ipoteticamente psichiatrico, fosse stato lasciato un sacchetto di nylon, strumento che potrebbe essere considerato pericoloso per chi ha intenzioni suicide. Il 25enne aveva già tentato di togliersi la vita - o di simulare un gesto anti conservativo - cinque giorni prima del suicidio portato a termine. Il giorno dopo il gesto, l’undici agosto, era stato visitato dagli psichiatri, che lo avrebbero trovato «lucido». Quindi, dopo questa valutazione, Gaffoglio era stato trasferito dalle celle in cui ci sono i detenuti «ad alto rischio» (dal punto di vista psichiatrico) al cosiddetto reparto di «osservazione psichiatrica», di medio o basso rischio. In sostanza, il detenuto doveva essere monitorato, ma in maniera meno invasiva rispetto ai casi più gravi. Approfittando della solitudine e del buio della notte, il giovane si è soffocato. Lo hanno trovato senza vita sotto al lenzuolo: probabilmente si è nascosto dall’occhio elettronico della videocamera installata nelle celle dei detenuti a rischio.

Ex aiutante in un negozio di alimentari, Gaffoglio non aveva commesso reati prima della fine dello scorso luglio. Poi, nel giro di due giorni, con un coltello, avrebbe messo a segno cinque rapine. I suoi problemi psicologici - e forse psichiatrici - erano stati evidenziati già durante la convalida dell’arresto, dall’avvocata Laura Spadaro, che ora dice: «I suoi genitori sono distrutti». La legale aveva chiesto i domiciliari al gip, che aveva negato la misura perché non avrebbe garantito l’interruzione del reato. Il 2 agosto quindi Gaffoglio era entrato al Lorusso e Cutugno, ed era stato visitato dai medici e dallo psichiatra. Il 16 agosto, di mattina, il detenuto avrebbe dovuto incontrare i genitori per un colloquio. Non c’è stato tempo.

Quello di Gaffoglio è il 52esimo suicidio nelle carceri italiane da gennaio ad oggi. «Un numero altissimo - afferma Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilp polizia penitenziaria - ascrivibile in parte anche al fallimento del modello detentivo che con la falsa denominazione di sorveglianza dinamica, ma attuata con celle aperte, ristretti per lo più in ozio e sottoposti a vigilanza irrisoria, quando non del tutto assente, genera traffici illeciti, soprusi e violenze di vario genere».

A Torino, fino ad alcuni mesi fa, i detenuti con problemi psichiatrici erano ristretti al “Sestante”. In seguito all’inchiesta della magistratura su presunti maltrattamenti, il settore è stato chiuso.

"Nel carcere di Torino - dichiara Leo Beneduci, segretario generale dell'Osapp - la situazione è sempre più allo sbando. Tutte le organizzazioni sindacali denunciano da giorni le reiterate criticità". Secondo Beneduci "da quanto si apprende dai programmi delle compagni politiche in lizza per le elezioni del 25 settembre, ben poco interesse è riservato alle attuali condizioni delle carceri italiane".

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