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Il giallo
13 Aprile 2023 - 11:46
Ora Jalal Naynia può raccontare chi lo ha quasi ucciso e perché: il 34enne marocchino ha finalmente ripreso conoscenza, due settimane dopo essere stato legato e massacrato nel suo alloggio di corso Svizzera 56.
Dopo l'aggressione ha subito un delicato intervento alla testa per ridurre il grave trauma cranico provocato da un oggetto contundente che gli aggressori hanno portato via quando sono fuggiti. Uscito dalla sala operatoria di Neurochirurgia, è rimasto intubato e in prognosi riservata al Cto. Fino a queste ore: è sveglio e cosciente, la prognosi è stata sciolta. Ne avrà per 90 giorni e a breve lascerà la terapia intensiva per essere trasferito all'Unità spinale del Cto.
Quindi adesso i carabinieri possono finalmente sentire la sua versione dei fatti su quanto successo il 29 marzo, quando Naynia è stato trovato nel bilocale che condivideva con i fratelli. Era coperto di sangue, con le mani legate, il cappio intorno al collo e la testa fracassata.
L'ingresso del bilocale dov'è avvenuta l'aggressione, posto sotto sequestro dai carabinieri
E' riuscito a chiamare aiuto e a farsi sentire dai vicini di casa: grazie a loro, gli investigatori hanno una descrizione piuttosto dettagliata delle persone che sono scappate dall’abitazione di Naynia. Sono due, un uomo e una donna: di lui c’è anche una foto, scattata da chi aveva capito che qualcosa di tremendo era accaduto in quell’appartamento e l’ha consegnata ai carabinieri. Un’immagine che non mostra i tratti somatici dell’uomo - sia lui che lei avevano in testa un cappuccio - ma che permette di ricostruirne il fisico, l’abbigliamento e la direzione di fuga. Grazie ai filmati delle telecamere di videosorveglianza e al racconto della vittima, ora gli inquirenti possono chiudere il cerchio sulla brutale aggressione.
Le parole di Naynia potrebbero finalmente fare luce sul movente di quella violenza. Partendo dal fatto che il 34enne è noto alle forze dell’ordine per alcuni precedenti nel mondo dello spaccio di droga. Il fatto che sia stato legato e poi torturato, farebbe pensare che gli aggressori volessero farsi dire o dare qualcosa. In casa, i militari non hanno trovato stupefacenti e neanche soldi. Una prima ipotesi, quindi, è quella che i due aggressori avessero un appuntamento con lui per comprare o vendere stupefacenti e che poi lo abbiano aggredito per impossessarsi della droga e dei contanti. E del resto i contanti in quella casa, frequentata anche dai fratelli del marocchino, non mancavano: «Spesso vedevamo girare delle mazzette di banconote - raccontano Beppe ed Emma Birolo, fratello e sorella proprietari dell’alloggio - Ma ci hanno sempre pagato l’affitto con i bonifici, visto che usavano i soldi del reddito di cittadinanza».
L'ingresso del palazzo di corso Svizzera 56
Non sono comunque escluse altre piste, come quella sentimentale/sessuale. D’altronde i vicini hanno spiegato che l’appartamento del marocchino era frequentato da molte persone, uomini e donne, a ogni ora del giorno e della notte: «Qui c’è da tempo un giro di droga - spiega ad esempio Mohamed, che lavora nel mercato di corso Svizzera - Abbiamo sempre visto un viavai strano».
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