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Dopo il ritrovamento a Torino

Cos'è successo al ragazzo annegato nel Po? I parenti di Aly lanciano un appello

«Era un bravo ragazzo, i genitori in Senegal sono orgogliosi di lui»

Ragazzo scomparso annegato

Il ritrovamento del corpo di Aly Ndao (in alto a destra il suo ritratto)

Ai cugini di Aly Ndao sono bastati pochi secondi per capire che quel corpo adagiato accanto al fiume era proprio quello del ventenne senegalese scomparso sabato pomeriggio: «Abbiamo chiamato il papà in Senegal e ci ha detto di raccontare a tutti quanto fosse orgoglioso del suo Aly: ogni volta che recuperava dei soldi, li mandava alla famiglia. Adesso riporteremo la salma a casa».

Si è concluso così, nel peggiore dei modi, il giallo che durava dalle 17 di sabato. Cioè da quando Ndao si è immerso nell’acqua del fiume Po, all’altezza dei circoli River Side e Master Club. I parenti hanno raccontato che fosse con un gruppo di amici e che si sia buttato per aiutare un altro ragazzo in difficoltà. A quanto pare, stavano giocando a pallone lungo la riva, uno è caduto e lui è entrato in acqua per aiutarlo: «Così ci ha detto la mamma di un suo amico» spiega Madou Dara, il cugino di Aly Ndao che viveva con lui in corso Brescia 7. Ma non conosce gli amici che, secondo quanto ricostruito dalle forze dell’ordine, sono scappati senza chiamare aiuto per il ventenne senegalese.

Forse avevano rubato la canoa di uno dei circoli lungo il fiume e per quello potrebbero aver avuto paura. Poi, però hanno dato per spacciato Aly prima che venisse trovato: «E’ stata quella signora a dirci che tutti gli altri lo stavano salutando sui social perché era annegato nel Po». In effetti Dara mostra una foto del cugino pubblicata come storia su Instagram, con l’aggiunta della frase “riposa in pace, fratello”.

Lanciamo un appello attraverso i giornali perché gli amici di Aly spieghino cos’è successo di preciso 

Madou e Mamadou

cugini di Aly Ndao

Non si sa se l’autore sia uno degli amici che erano con lui lungo il Po. Resta la domanda: perché gli amici di Aly sono scappati anziché chiamare i soccorsi? «So solo quello che mi ha detto mio figlio e niente di più» taglia corto la signora Alessandra.
Adesso i parenti del senegalese si rivolgono ai ragazzi che erano con lui: «Lanciamo un appello attraverso i giornali perché spieghino cos’è successo di preciso - riflettono Madou Dara e Mamadou Top - Intanto ringraziamo i vigili del fuoco e anche i giornalisti che hanno spinto queste ricerche».

Di certo c'è che il giovane senegalese non sapeva nuotare e non è più riemerso: sabato pomeriggio una signora, dall’altro lato del fiume, lo ha visto e ha dato il via alle ricerche che sono durate fino alle 12 di ieri. Cioè quando i sommozzatori dei vigili del fuoco, anche grazie a un eco scandaglio, hanno trovato il ragazzo a 150 metri dal punto in cui si era tuffato. Era a 3 metri di distanza dalla riva e a 2 di profondità, incastrato in mezzo alla vegetazione. E’ stato poi trascinato sulla terraferma, dove il medico legale dell’Asl ha analizzato il cadavere sotto lo sguardo dei vigili del fuoco e dei carabinieri della stazione Barriera Piacenza. Poi sono arrivati i cugini di Aly, gli stessi che lunedì sera avevano denunciato la scomparsa e martedì si sono presentati lungo il fiume per chiedere informazioni. E’ toccato a Mamadou Top e a Madou Dara fare il riconoscimento del ragazzo, visto che i suoi genitori e i quattro fratelli sono ancora in Senegal.

I due cugini hanno dato un altro nome ai carabinieri: «Una volta la polizia lo aveva fermato e lui aveva dato il nome Mousa Wade. Così dovrebbero rintracciarlo nei loro archivi». Proseguono i parenti «Lo riporteremo in Paese, ho già parlato con il papà: si è commosso quando gli ho detto che Aly non c’era più. E’ un dolore troppo grande, che rende anche difficile parlare. Fa male soprattutto perché mio cugino era venuto qui per aiutare la sua famiglia, passando in barca dalla Spagna. Il papà, Serigne, è disperato, vuole che si ribadisca che suo figlio è un bravo ragazzo e che va ricordato per questo. Sognava di fare il calciatore, lavorare e studiare l’italiano». Ma, da 2 anni che era in Italia, non aveva ancora il permesso di soggiorno.

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