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La richiesta di condanna
26 Giugno 2023 - 16:40
La piccola Fatima
«Per quanto la realtà sia brutta, va guardata in faccia. Quanto è successo può sembrare inaccettabile perché una cosa tanto turpe può farla solo un mostro, non una persona normale».
Così oggi il pubblico ministero Valentina Sellaroli ha aperto la sua requisitoria al processo per la morte di Fatima, la bimba morta a Torino il 13 gennaio 2022 dopo essere precipitata da un balcone di una palazzina in via Milano. E ha chiuso con la richiesta di condanna all'ergastolo per l'imputato Mohssine Azar, 33 anni, compagno della madre di Fatima.
La pm è convinta che Fatima non sia caduta, anzi. Per lei il "gesto tanto turpe" è «gettare una bambina di 3 anni nel vuoto per stizza, per fare uno sgarbo a una donna noiosa che gli stava dando fastidio. Ma per credere che si sia trattato di un incidente dobbiamo vedere o inventare circostanze che non ci sono».
L'imputato è accusato di omicidio volontario anche se ha sempre detto che la bambina, con la quale aveva un ottimo rapporto, gli scivolò dalle braccia mentre ci giocava insieme. «A noi - ha sottolineato la pm - spetta l'onere della prova. Alla difesa basta sollevare un dubbio. Ma deve essere un dubbio ragionevole, ben radicato negli indizi. E qui non c'è niente del genere».
Poi il pubblico ministero ha chiuso la sua requisitoria di due ore chiedendo l'ergastolo per l'imputato. Azhar era in «preda a una furia bestiale» e «non vi fu alcun gioco del vola vola». In sostanza, è stato un omicidio «crudele» ai danni della compagna e mamma della piccola.
Il ruolo della donna, Lucia Chinelli, è stato citato più volte. Anche perché ha offerto due versioni differenti nel corso delle indagini: la sera della tragedia ha cercato di proteggere Azhar, riconducendo la morte di Fatina a un terribile incidente: «Non ho visto nulla, forse stavano giocando». In seguito, invece, ha accusato il compagno: «Ho accompagnato Fatima a casa di Mohssine perché lei voleva dargli il bacino della buonanotte. Lui era fuori di testa, sembrava il diavolo. Mi ha strappato la bambina dalle braccia e l'ha lanciata come un pallone».
Perché queste posizioni così diverse? Perché Chinelli è una donna «succube, fragile, limitata. Una donna con un passato agghiacciante di violenza domestica e che come tale giustifica, nega e nasconde». La pm, infatti, ha ricordato le botte e le umiliazioni che la signora aveva subito da parte dell'ex marito, a processo per maltrattamenti: «Chinelli é l'emblema della vittima dei maltrattamenti, tra paura e reticenza - ribadisce la sua legale, l'avvocato Silvia Lorenzino - Molte di queste donne non denunciano, perché lei dovrebbe fare diversamente? Perché hanno buttato sua figlia dal balcone? Lei non ha accusato finché ha sperato che la figlia si salvasse, anche perché ha vissuto tutta la vita nella violenza. Chiedo pietà per questa donna, che ha portato la bimba da quell'uomo e ha cercato di salvarla: è stato il suo unico tentativo di ribellione. Eppure i social sono pieni di commenti contro di lei perché non l’ha salvata e ha dato la figlia in mano a quel diavolo».
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