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Il processo

"Speriamo che non arrivi Madama": i messaggi shock dopo il lancio della bici ai Murazzi

Chiedono di uscire dal carcere i tre minorenni accusati di tentato omicidio. Il papà della vittima: «Non hanno neanche chiesto scusa»

Mauro Glorioso, 23 anni, studente ferito dal lancio della bici ai Murazzi

Mauro Glorioso, 23 anni, studente ferito dal lancio della bici ai Murazzi

Hanno parlato per ore, interrogati dai magistrati del Tribunale dei minorenni. Tre ragazzini che hanno raccontato la loro versione di quanto successo il 21 gennaio, quando hanno lanciato una bici elettrica di 23 chili e hanno colpito Mauro Glorioso, studente di Medicina che da quel giorno è paralizzato in un letto d’ospedale. Ma oggi i tre ragazzi, accusati del tentato omicidio dei Murazzi, hanno detto soprattutto tanti «non ricordo». Parole che hanno fatto sbottare Giuseppe Glorioso, che li ascoltava a pochi metri di distanza: «Mi aspettavo di sentire parole di perdono e di rammarico - ha detto il papà di Mauro durante l’udienza - Invece non è arrivato nulla, neanche una scusa a mio figlio». Le uniche scuse sono arrivate da una lettera che la mamma di uno dei ragazzi ha indirizzato al giudice.

I genitori di Mauro alla festa dell'Arma dei carabinieri

Quella di oggi era l’udienza chiave del processo a carico dei tre minorenni, il 17enne Marcelo, la 16enne Denise e Francesco, di soli 15 anni. Insieme a due maggiorenni, Sara Chierici e Victor Ulinici, sono stai arrestati l’8 febbraio e da allora sono tutti in carcere, eccetto la maggiorenne Sara Cherici, ai arresti domiciliari con il braccialetto elettronico.

L’altra ragazza ha confessato in un foglietto: «Ho visto il telaio che ha colpito in testa quel giovane, ho urlato “scappa, corri!” e siamo fuggiti». Parole che oggi, durante l’interrogatorio, si è rimangiata: «Mi sono inventata tutto». Il più grande ha aggiunto: «Avevo bevuto, non ricordo niente».

Ad ascoltare i tre ragazzi c’erano i loro genitori, con il papà di Francesco arrivato direttamente dal carcere. Ma hanno parlato poco, senza riuscire a motivare il loro gesto: «Non hanno mostrato empatia, confermano di essere concentrati solo su loro stessi e hanno fatto grandi passi indietro rispetto agli interrogatori precedenti» criticano gli avvocati Simona Grabbi e Alessandro Argento, che assistono la famiglia Glorioso. Tanto da far sbottare papà Giuseppe, che all’uscita è corso via con gli occhi lucidi e lo sguardo stanco: «Fatemi andare da Mauro, è già stata dura restare qui tutte queste ore».

Più che le parole, per i tre ragazzi, hanno parlato i gesti: «Erano impassibili» riporta la procuratrice Emma Avezzù. Contro gli accusati ci sono anche le intercettazioni e le chat del periodo fra il lancio e l’arresto: “Non posso più andare in centro dopo quello che è successo” si scrivevano. Oppure “Speriamo che non arrivi Madama”.

Oggi i loro avvocati (Michele Ianniello, Annalisa Baratto e Domenico Peila) hanno chiesto di riqualificare il reato in lesioni gravissime, il rito abbreviato e la messa alla prova, che permetterebbe loro di uscire dal carcere e di svolgere lavori di pubblica utilità: «Una pena detentiva rischia di non risolvere la situazione di questi ragazzi: serve un percorso diverso, anche lungo, magari coinvolgendo una comunità» commentano i difensori.

La Corte ha chiesto un approfondimento psicologico e psichiatrico sui tre ragazzi ma ha rimandato la decisione al 7 settembre. La parte offesa si è opposta con una memoria di 40 pagine. Contraria anche la procuratrice Avezzù: «Non ci sono minimamente i presupposti, non hanno neanche cominciato a capire cos’hanno fatto: è giusto che restino in carcere e facciano il percorso educativo che evidentemente non hanno ricevuto dalle loro famiglie».

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