E chi l’ha detto che il “Grande Fratello” orwelliano debba avere per forza un’accezione negativa? «Ben vengano le telecamere, anzi in questo caso sarebbe stato utile averne qualche altra» ha detto il comandante provinciale dei carabinieri, il generale Claudio Lunardo, dopo che i suoi uomini hanno incastrato la baby gang dei Murazzi analizzando i video di 120 telecamere. Circa 360 ore di filmati passati al setaccio, frame dopo frame, con tecnologie che ricordano quelle dei telefilm “Csi”, prima per trovare chi aveva lanciato la bicicletta che ha mandato in coma Mauro Glorioso e poi per dare un nome a quei volti giovanissimi, di adolescenti che scappano ridendo e poi si baciano con passione, incuranti del male appena fatto. Ma sempre sotto gli occhi di una telecamera, e che sia del Comune, della questura, di un negozio, di un distributore automatico, poco cambia. Le 115 pagine del decreto di fermo firmato dal sostituto procuratore Livia Locci ripercorrono passo-passo le due settimane di febbrile indagine della task force composta da carabinieri del nucleo Investigativo e della compagnia San Carlo che, da oramai più di un anno, monitorano i giovani orbitanti nel centro cittadino per contrastare il fenomeno delle baby gang. Grazie alle telecamere, in due settimane, i militari sono arrivati a ricostruire la serata del gruppetto, da leggere nelle pagine del decreto quasi come nella sceneggiatura di un film, fotogramma per fotogramma. Una volta, infatti, i sospetti potevano essere pedinati solo quando li avevi già individuati. Ora lo puoi fare in differita, una settimana dopo il reato: un viaggio nel tempo, un “pedinamento virtuale” che nel caso della baby gang dei Murazzi è cominciato dall’ultimo bicchierino, bevuto alle 23.53 in un locale di lungo Po Cadorna ed è terminato all’1.49 in un punto di distributori automatici di via Chiesa della Salute, dove i 5 si sono lasciati andare a smorfie alle telecamere e a baci appassionati (le due ragazze sono fidanzate con due dei tre ragazzi che hanno lanciato la bici). In mezzo, i carabinieri sono riusciti a isolare persino il momento dello sputo, con tanto di «alone biancastro che si forma all’altezza della bocca». E poi ancora l’arrivo ai Murazzi, la fuga precipitosa che mostra i 5 correre, uno dietro l’altro, davanti alle vetrine di un negozio. Addirittura, nei pressi dei Murazzi, è stata ricostruita la loro posizione rispetto al parapetto solo dalle ombre, perché i “corpi” erano fuori dall’inquadratura. Non c’è quindi da stupirsi se i militari hanno anche individuato i loro vestiti – le «scarpe da ginnastica blu con inserti bianchi» o «i pantaloni della tuta grigio/bianchi con lettere NY sulla coscia sinistra» – poi sequestrati nelle rispettive abitazioni. E in fondo non stupisce quasi più neanche la potenza del software “Sari”, il sistema di riconoscimento facciale che permette di comparare le immagini riprese dalle videocamere di sorveglianza con le immagini contenute nella banca dati che contiene tutti i cartellini foto-segnaletici redatti dalle forze di polizia italiane e straniere. Ma non ci sono solo le telecamere. Prima di lanciare quella maledetta bici, uno dei componenti della baby gang ha anche sputato sulle persone che si trovavano ai Murazzi, dieci metri più in basso. Un altro gesto spregevole che però si è rivelato essere un vero e proprio boomerang per chi l’ha compiuto: la sua saliva infatti è finita sui cellulari di due amici di Mauro che l’hanno pulita con un fazzolettino di carta. Quasi come per una premonizione, quel fazzolettino è poi stato messo in tasca invece di essere buttato in un cestino. Pochi minuti dopo, sul gruppo è “piovuta” la bici elettrica e il fazzolettino è quindi stato consegnato al nucleo Investigativo dei carabinieri. I militari quindi hanno nelle mani anche il Dna di chi ha sputato, e sarà sufficiente compararlo con quello dei componenti del gruppo per avere una ulteriore prova in grado di inchiodare i 5 ragazzini alle loro responsabilità. claudio.neve@cronacaqui.it
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