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Lo scandalo all'ASL

Badge, password e passioni: la spy story (con gelosia) che agita l’Asl To4

Asl To4, il filone informatico porta a processo Fasson e Meinardi dal 26 gennaio a Ivrea

badge, password e passioni: la spy story che agita l’Asl To4

Un badge che diventa una bussola del cuore. Una password usata come una chiave lasciata sotto lo zerbino. E poi messaggi sussurrati tra colleghi che, all’improvviso, sembrano cambiare senso. La sanità pubblica del Canavese non è nuova a scosse telluriche, ma nell’appendice del terremoto giudiziario che ha travolto l’Asl To4 — 38 indagati, concorsi pilotati e truccati, appalti sospetti, assenteismo — spunta un capitolo che pare uscito da un romanzo d’intrigo: una spy story in corsia, fatta di accessi informatici abusivi, pedinamenti virtuali e rapporti personali che si intrecciano ai doveri d’ufficio.

UNA SPY STORY IN CORSIA
Il filo del racconto passa per nomi già noti agli atti d’indagine. La protagonista è Carla Fasson, 56 anni, ex dirigente del Dipartimento delle professioni sanitarie dell’Asl To4, già indagata a Ivrea insieme al primario Libero Tubino, direttore dell’Otorinolaringoiatria dell’ospedale di Chivasso. Attorno a loro, funzionari, dirigenti e i vertici della cooperativa Cm Service di Cascinette. A rendere il quadro più pruriginoso è la ricostruzione, agli atti della Procura di Ivrea, di una relazione privata tra Fasson e Tubino: sentimento e gerarchia che, secondo gli inquirenti, si sarebbero sovrapposti fino a contaminare l’ambiente di lavoro. È in questo contesto che, stando alle carte, Fasson avrebbe persino ipotizzato di “pedinare” il primario con un Gps, coinvolgendo il dottor Giulio Meinardi: una gelosia trasformata in controllo, un confine tra sfera personale e professionale che si assottiglia fino quasi a sparire.

IL FILONE INFORMATICO: TIMBRATURE NEL MIRINO E CREDENZIALI “PASSPARTOUT”
La vicenda ha cambiato indirizzo giudiziario quando un fascicolo è stato trasferito alla Procura di Torino per competenza distrettuale: si tratta di un presunto reato informatico. La giudice per l’udienza preliminare Paola Odilia Meroni ha disposto il rinvio a giudizio di Carla Fasson e di Giulio Meinardi, 41 anni, otorino e dirigente nello stesso reparto diretto da Tubino, considerato il suo “braccio destro”. Difesi dall’avvocata Beatrice Rinaudo, hanno scelto il rito ordinario: il processo sarà pubblico e si aprirà davanti al Tribunale di Ivrea a partire dal 26 gennaio. Secondo la pm Chiara Maina, titolare dell’inchiesta torinese, Meinardi avrebbe utilizzato più volte le credenziali personali di Libero Tubino per accedere al suo profilo Irisweb, la piattaforma interna in cui si registrano ingressi, uscite e ferie del personale sanitario. In sostanza, su indicazione di Fasson, avrebbe controllato a distanza le timbrature del primario giorno per giorno, confezionando un pedinamento virtuale all’interno della rete aziendale. Un gesto che la Procura giudica particolarmente grave perché attribuito a pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni e con strumenti informatici dell’ente pubblico. Domanda inevitabile: in un sistema dove il login diventa sorveglianza, quanto è facile trasformare un dato amministrativo in una lente puntata sulla vita privata?

DA IVREA A TORINO E RITORNO: LA GEOMETRIA DI UN’INCHIESTA
Il fascicolo sugli accessi informatici è stato stralciato dall’inchiesta madre di Ivrea, coordinata dai pm Valentina Bossi e Alessandro Gallo, che copre un arco di tempo compreso tra febbraio e novembre 2022. In quel troncone, Fasson e Tubino risultano indagati per truffa aggravata ai danni dell’Asl: lei avrebbe timbrato anche per conto del primario, facendolo risultare in servizio mentre, secondo gli inquirenti, era impegnato a giocare a golf. E lei stessa, stando alle contestazioni, sarebbe risultata al lavoro mentre si trovava dall’estetista, dalla parrucchiera, finanche a casa di un amico a Pianezza. A quell’impianto si aggiungono i concorsi “con il trucco”, definiti la parte più grave della vicenda: un sistema che, secondo l’accusa, avrebbe falsato graduatorie e carriere dentro l’azienda sanitaria. Una “cricca in corsia”, dicono i titoli che hanno accompagnato i primi arresti e perquisizioni, mentre l’Asl To4 cercava di rassicurare l’utenza: “Chi ha sbagliato pagherà”. Parole, queste, che suonano come un impegno e una promessa da mantenere sul banco del Tribunale.

SCAMBI DI FAVORI, ESAMI DEL SANGUE E CONCORSI: L’IPOTESI CORRUZIONE
A Torino è finito anche un presunto episodio di corruzione che chiama in causa Fasson e Dario Fornasieri, coordinatore del laboratorio analisi di Ciriè e Lanzo. Secondo la Procura, Fornasieri avrebbe fornito alla dirigente l’accesso ai risultati di alcuni esami del sangue eseguiti da Libero Tubino e da un altro uomo di sua conoscenza. In cambio, Fasson gli avrebbe passato in anticipo le domande di un concorso interno, che Fornasieri avrebbe poi vinto. Le intercettazioni della Guardia di Finanza di Torino, confluite nella richiesta di misura cautelare a carico di Fasson nel 2023, sembrano restituire il tono della relazione tra i due: “Sei davanti al computer?”, scriveva lei. “Allora controllami gli esami di Libero Tubino”. La risposta di lui: “Immediatamente. Ogni tua richiesta è un ordine per me”. Una dinamica che delinea, sullo sfondo, un clima di scambi di favori e controllo incrociato dentro l’azienda sanitaria.

L’OMBRA DELLE “TIMBRATURE FANTASMA” E IL MALESSERE DEI REPARTI
Nella lunga scia dello scandalo, non mancano racconti che hanno indignato l’opinione pubblica. Titoli e denunce che parlano di “pazienti zuppi di pipì, campanelli staccati, infermieri che dormono e non sanno usare l’ossigeno”, oppure di chi “timbrava, ma era altrove: tra parrucchieri, golf e amici di Pianezza”. Fino alla denuncia su Settimo Torinese: pazienti sedati per non disturbare. Elementi che non si sovrappongono automaticamente alle contestazioni mosse a Fasson, Tubino e agli altri indagati, ma che compongono il paesaggio etico di un’Asl finita nell’occhio del ciclone. La Cgil, nel frattempo, ha chiesto uno stop a “proroghe e appalti sospetti” e un vero cambio di rotta. Perché è lecito domandarsi: che prezzo paga la fiducia dei cittadini quando i corridoi dell’ospedale diventano la scena di una saga giudiziaria?

TRA PASSIONE E DOVERE: IL CONFINE CHE SI ASSOTTIGLIA
Il dettaglio più intimo, quello della relazione privata tra Fasson e Tubino, è più di un pettegolezzo giudiziario: per gli inquirenti aiuterebbe a spiegare l’ossessione con cui la dirigente avrebbe voluto conoscere ogni spostamento del primario. Il “tempo” — segnato da un badge o da un accesso a Irisweb — smette così di essere solo un dato di servizio e diventa strumento di controllo, di sospetto e perfino di passione. In un ufficio pubblico, però, la privacy non è un accessorio e la gerarchia non è un’estensione dei sentimenti. È qui che il caso Asl To4 diventa paradigma: quando professione e vita privata si sfiorano, chi garantisce che non si trasformino in un abbraccio soffocante?

LE DIFESE E LE PROSSIME TAPPE
Dal canto suo, Carla Fasson si è difesa anche pubblicamente: “Non sono Al Capone”, ha detto, rivendicando la legittimità del proprio operato e chiamando in causa liste di “vincitori dei concorsi” che, secondo la sua versione, smentirebbero l’idea di un disegno preconfezionato. Sarà l’aula a dirimere. Il filone torinese, nato per competenza distrettuale sull’ipotesi di reato informatico, arriva ora al vaglio pubblico: rinvio a giudizio per Fasson e Meinardi, rito ordinario, prima udienza fissata il 26 gennaio davanti al Tribunale di Ivrea. Intanto l’inchiesta madre di Ivrea, coordinata dai pm Valentina Bossi e Alessandro Gallo e relativa al periodo febbraio-novembre 2022, resta il contenitore più ampio: timbrature “fantasma”, concorsi con il trucco, appalti sotto lente. Un mosaico complesso in cui ogni tessera — il pedinamento virtuale, l’accesso a esami clinici, gli scambi di favori — rischia di ridisegnare il volto della sanità locale. Domani, per l’Asl To4, non può essere solo una data in calendario: dovrà essere un esame di coscienza istituzionale. Perché dalle corsie di Chivasso a Ciriè e Lanzo, passando per Ivrea e Torino, la domanda rimane la stessa: come si ricostruisce fiducia quando l’orologio del badge ha segnato, per mesi, non solo orari di lavoro ma anche pulsazioni private?

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