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Alla scoperta dei vini piemontesi

Sognate una vigna e di produrre il vostro vino? Bastano 100 euro

Il Lanze, quella Barbera adottata anche da Ugo Nespolo e Dylan Dog

Sognate una vigna e di produrre il vostro vino? Bastano 100 euro

Avete mai sognato di possedere una vigna? Di produrre un vino e mettere il vostro nome sull’etichetta? Ci pensate che potrebbero bastarvi 100 euro per fare avverare il sogno?

Spieghiamo con calma e perdonate se mi infilo nel racconto e vi confesso i fattacci miei: sì, io l’ho sognato a lungo. Perché una vecchia, piccola vigna di famiglia l’ho sempre avuta e costantemente maltrattata, riservandole l’unico momento di gloria quando ci ho messo in mezzo un cadavere con relativo giallo internazionale in uno dei miei libri, “La Gatta e i diamanti” (potete ancora trovarlo chiedendo a www.buendiabooks.it). Poi, nel pieno di una serata di grande musica, a Castagnole Lanze - il tradizionale concerto dei Nomadi, ai tempi in cui Danilo Sacco, my brother in rock, duettava con Irene Fornaciari -, ho scoperto che avrei potuto adottarne una.

Sì, da anni a Castagnole Lanze viene portata avanti l’iniziativa “Adotta un filare”, nata per il recupero dei vigneti ormai abbandonati lungo il territorio. Si sottoscrive un patto di adozione in Comune - al costo di 100 euro - e si “adotta” un filare di una ventina di metri lineari: da qui, l’adottante riceverà una dozzina di bottiglie - quota minima - del “Lanze”, con tanto di etichetta adesiva con il suo nome sopra, l’indicazione del vigneto. Ma il bello è che il Comune invita regolarmente a partecipare alla festa della potatura e alla vendemmia.

Negli anni, le etichette sono state disegnate anche da grandi artisti, come Ugo Nespolo o lo scomparso Luigi Piccatto, fumettista di Dylan Dog che in questo angolo di Monferrato viveva.

Ma che cos’è il Lanze? Al di là della denominazione geografica, è una Barbera. Anche se la sensazione è che ci siano altre uve usate come taglio, ma vi giuro che in tanti anni non sono mai riuscito a costringere un vinificatore di qui - neppure quello del “mio” vino - ad ammetterlo. Perché il sapore è talmente particolare, fruttato nelle annate giuste, da scorgervi sentori financo di Merlot, se non di Dolcetto.

Nell’astigiano, giova ricordarlo, “tagliare” con Dolcetto o Moscato d’Amburgo era pratica non inconsueta, ma vista male da chi riteneva che la Barbera dovesse essere solo ruvida - e per fortuna si sta perdendo quell’assolutismo della “vivace”, che in taluni casi faceva pensare che tanto valeva versarci dentro della Coca Cola.

Il Lanze ha un colore rosso rubino che a volte vira al violaceo, in bocca lascia un retrogusto come di ciliegia. Un vino corposo, tra i 14 e i 15 gradi, ma anche di facile bevuta, perfetto - va da sé - con quasi tutta la tradizione gastronomica piemontese ma anche come vino da meditazione, se per quello si intende un tavolo o una panca sotto un pergolato, guardando le dolci colline del Monferrato e, come diceva Pavese, «le mani tenercele dietro la schiena». E c’è anche il Conte di Lanze, che è un barricato.

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