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L'intervista
09 Settembre 2023 - 23:03
L’appuntamento telefonico con Alice dell’Azienda agricola Nicoletta è alle quattro di pomeriggio. Ma alle 15.38 arriva un messaggino. «Buongiorno, sono in alpeggio e il cellulare oggi prende particolarmente poco... potrei cercare di rispondere alle domande via messaggio... “arrampicandomi” su un albero... riesco a far funzionare in modo altalenante la connessione...». E allora proviamo a farla questa intervista un po’ strana sfidando le capacità delle onde 4G. Io mando le domande, lei, quando riuscirà, mi risponda”. Per un’ora niente. Poi arriva il primo squillo. «Eccoci», scrive Alice Nicoletta, 36 anni. E si presenta. «Allora quest’intervista sarà a 4 mani diciamo... la nostra azienda che si trova a Settimo Vittone, in provincia di Torino, ma al confine con la Valle d’Aosta, è famigliare. Mio fratello Jari si occupa dell’allevamento degli animali con l’aiuto da quest’anno di mia nipote Giulia, io (Alice) mi occupo della produzione dei formaggi e nostro papà della loro commercializzazione. Risponderemo alle domande in 2 (Alice e Giulia) ognuna per la propria area di competenza diciamo».
Perfetto. Intanto ditemi come volete essere definite. Pastore va bene?
Alice è la casara mentre Giulia non ama il termine pastora. Ci sembra un termine più adatto a chi fa questo lavoro in modo itinerante.. Noi siamo allevatrici e produttrici di formaggio.

Va bene. Quali studi avete fatto?
Giulia è neo diplomata all’Institut agricol della Valle d’Aosta. Alice ha una laurea triennale in scienze gastronomiche all’Università di Pollenzo e una magistrale in tecnologie agroalimentari a Torino. Giulia frequenterà scienze agrarie a Torino a partire da questo anno accademico. Quindi allevatrici sì, ma allevatrici laureate.
E cosa fa un’allevatrice laureata?
Con i nostri animali (una quarantina di capi di razza Valdostana pezzato rossa, nera o castana) che conosciamo per nome, per genealogia, di cui sappiamo tutto, come per gli animali da affezione, stiamo 6 mesi in paese e 6 mesi in alpeggio. Da novembre ad aprile si sta in paese dove fino a metà dicembre si esce a mangiare l’erba una volta al giorno, mentre da dopo la metà di dicembre fino a fine marzo si sta in stalla a riposare e mangiare fieno da noi prodotto con l’aggiunta di crusca, ma senza l’utilizzo di cereali e mais. A metà aprile si sale a 1.250 metri di altitudine...da lì arriviamo a pascolare fino a 1500 metri circa.. e stiamo fino a fine ottobre. L’animale non è enorme e di conseguenza non è enorme la sua produzione di latte. Produce del latte di buona qualità che varia ogni giorno a seconda della stagione, del meteo, dell’umidità, del tipo di pascolo.. e che il casaro deve saper riconoscere per poter fare un buon prodotto finale, giocando su tempi/temperature, quantità di siero innesto e di caglio.

Lo slogan di Cheese è “Il sapore dei prati”. Che sapore hanno i vostri?
Sono prati polifiti ricchi di varietà di erbe e di fiori...sono pascoli vivi che devono essere mantenuti. Il ruolo dell’allevatore è anche quello di custode del territorio. I prati vanno rastrellati, puliti in primavera, vanno concimati in autunno, vanno sfalciati, puliti dalle foglie degli alberi che saranno poi la lettiera degli animali in inverno e quindi concime per loro stessi. Vanno custoditi perché possano essere cibo per gli animali, perché possano continuare ad essere ricchi di biodiversità. Per questo, secondo noi, i prati sanno di lavoro, di sudore di chi lavora per mantenerli tali. I pascoli non sono solo animali al pascolo, ma sono testimoni di manodopera non indifferente, soprattutto alle nostre altitudini dove non ci sono grandi estensioni, dove gli alberi e gli arbusti coprono sempre più superficie di pascolo, dove se non passi ore a tagliare arbusti, dove se non raccogli i rami secchi, dove se non pulisci i ruscelli e concimi con il letame, la stagione successiva non avrai più erba di qualità.

Una vita di fatiche...
La vita in montagna è sicuramente una vita di sacrifici... gli animali mangiano tutti i giorni, anche a Natale. Ma questa vita l’abbiamo scelta probabilmente per passione, anzi, sicuramente per passione. Il ricavato non è particolarmente alto, ma abbiamo cercato di diversificare l’attività con una parte di agriturismo. Cuciniamo prodotti tipici, utilizziamo il nostro latte, i nostri formaggi, la carne dei nostri animali. Il ciclo si apre in stalla, continua in caseificio, in stagionatura, al mercato e sulla tavola del nostro agriturismo.
Qualcuno sostiene che il cibo, con gli allevamenti intensivi, sia una delle cause del cambiamento climatico. Pensate possa essere anche la soluzione?
Il cambiamento climatico c’è e sicuramente le emissioni dei grandi allevamenti intensivi contribuiscono a far male all’ambiente. Noi piccoli produttori siamo solamente vittime del cambiamento climatico che porta alla diffusione di parassiti nei nostri prati e di specie esotiche che non sono adatte all’alimentazione dei nostri animali, come il senecio sudafricano (Senecio inaequidens).
Cosa può fare la politica per sostenere i piccoli produttori come voi?
La politica non dovrebbe secondo noi dare aiuti a pioggia come fa in agricoltura...hai superficie e prendi i soldi... ma dovrebbe dare aiuti a chi effettivamente fa bene questo lavoro, a chi si impegna a mantenere i territori. Si sa che un territorio non curato significa erosione, significa frane, significa smottamenti, perdita di biodiversità. La meritocrazia dovrebbe essere il punto principale.
Cosa avete imparato dai vostri animali?
Gli animali ci insegnano il ritmo delle stagioni, il rispetto (sono fedeli al loro padrone e si fidano ciecamente di lui), il rispetto del territorio. Conosciamo i nostri animali per nome, sappiamo se stanno male, sono liberi di partorire durante tutto l’anno e non solo nella stagione invernale. Vengono tenuti sempre sotto controllo dal punto di vista fisico per far sì che producano latte di qualità. Materia prima fondamentale per i nostri formaggi a latte crudo e stagionati in grotta. Ci occupiamo di produzione e stagionatura, stagionatura che arriva anche fino all’anno in grotte naturali di pietra con temperatura e umidità controllata.

Il miglior formaggio che abbia mai assaggiato?
Il mio!! No scherzo...secondo me i formaggi più buoni sono quello di pecora del meridione.. forse perché da noi non sono così diffusi... quindi quando si assaggiano, è una libidine.
Perché dovremmo venire a Cheese?
Beh cheese è un evento a tutto tondo sul mondo del formaggio e non solo.. tratta tematiche importanti, giuste...non è solo la fiera del formaggio.. andarci è d’obbligo...

Ultima domanda: avete un sogno?
Il nostro sogno è poter fare questo lavoro con qualche soddisfazione dal punto di vista remunerativo in più... il lavoro si fa per passione, si lavora anche 15 ore al giorno, ma ogni tanto è bello anche potersi concedere qualche sfizio!
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