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La guerra del cioccolato

Così la Svizzera blocca il Giandujotto Igp e ruba il marchio Torino

A CioccolaTò il progetto europeo, i segreti del cioccolatino nato nel 1865 e il valore del mecato

Così la Svizzera blocca il Giandujotto Igp e ruba il marchio Torino

Era il Carnevale del 1865 quando Gianduia - il nome di chi interpretava la maschera torinese all'epoca è andato perduto - presentò alla folla un cioccolatino dalla forma particolare, che da lui prese il nome: nasceva così il Giandujotto, o Gianduiotto. A produrlo era la ditta Caffarel, che aveva aggiunto all'impasto dei suoi cioccolatini la nocciola tonda gentile delle Langhe. Si dice perché, con il Blocco Continentale di Napoleone, in Europa arrivava meno cacao e costava di più.

Il Giandujotto, ben noto in tutto il mondo, è oggi uno dei tesori di Torino: si pensi che il suo è un mercato che vale 200 milioni di euro. E la sua tipicità è tale che da tempo è nato un comitato per chiedere all'Europa la denominazione di Giandujotto di Torino Igp, ossia con l'Indicazione Geografica Protetta. Una battaglia durissima, perché un avversario potentissimo blocca Torino: la Svizzera.

Di questa battaglia, nonché della ricchezza - di gusto, non solo economica - del Giandujotto si è parlato questa mattina anche a CioccolaTò, al convengo "Il Cioccolato delle meraviglie: salute, benessere e felicità" Antonio Borra, segretario del Comitato del Giandujotto di Torino IGP, ha di fatto rilanciato il progetto, nato nel 2017 con il sostegno di quattro facoltà universitarie, di aziende come Ferrero, Venchi, Domori, Pastiglie Leone e di cioccolatieri come Guido Gobino, Guido Castagna, Giorgio e Bruna Peyrano. E ha chiesto l'intervento delle istituzioni, dal Comune alla Regione, per fare rete e lavorare per far riconoscere dall’Europa il Giandujotto di Torino IGP sulla base del progetto che ha forti basi scientifiche.

L'avversario, quello che blocca il Giandujotto di Torino, è il gruppo Lindt. Che chiede di inserire nel disciplinare - ossia gli elenchi utilizzati e regolamentati - il latte, ossia un ingrediente utilizzato solo dall’industria. Il vero giandujotto è da sempre fatto solo con tre ingredienti: nocciola, zucchero e massa di cacao.

"Un gruppo svizzero non può far naufragare un progetto europeo!” ha detto Borra, che nel corso del convegno ha ricevuto l’endorsement anche di Giorgio Calabrese, medico specializzato in Scienza dell’Alimentazione e Presidente del Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare, che si è impegnato a portare la questione anche in sede ministeriale.

Una industria svizzera blocca quindi Torino, ma non finisce qui. Perché al danno si aggiunge la beffa: in Svizzera c'è un'azienda cioccolatiera che usa, per i propri cioccolatini, il marchio "Torino" (e anche "Ragusa").

Si tratta della Chocolats Camille Bloch, un’azienda a conduzione familiare con sede a Courtelary, nella regione del Giura bernese: si tratta del quinto produttore di cioccolato in Svizzera e dà lavoro a 180 dipendenti con una produzione di circa 3700 tonnellate di specialità al cioccolato. Tra cui la tavoletta marchiata "Torino", di cui ha già fatto le spese, in passato, il pasticcere Guido Gobino: aveva deciso di chiamare "Tourinot" il suo particolare giandujottino, ma l'azienda svizzera l'ha diffidato proprio per non creare confusione con le sue tavolette Torino.

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